300 ettari di vigneti speciali

Dalla Giunta regionale 9,5 milioni per i vigneti

BAROLO Si chiama “Vite colte” il progetto che Terre da vino ha messo in campo per dare nuovo impulso al vino del Piemonte. È un progetto ambizioso, finalizzato a selezionare, tra i 5.000 ettari del suo potenziale produttivo, un numero sempre maggiore di vigne qualificate, destinate a produrre vini di qualità e prestigio.

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Una storia scritta a tante mani. È una vicenda che nasce dal basso, dalla volontà di tanti viticoltori associati a Terre da vino. Guidati da una struttura tecnica di prim’ordine, intendono mettere insieme le migliori esposizioni delle loro vigne, una coltivazione ispirata alla conduzione ottimale e una trasformazione in cantina che sappia esaltare le qualità della materia prima. Per ora, sono 300 gli ettari selezionati e quasi altrettanti i viticoltori che qua e là per il Piemonte hanno condiviso la strategia. A fronte di questo impegno, ai viticoltori andrà un riconoscimento economico maggiore, perché le uve di qualità si producono costantemente solo se c’è una remunerazione adeguata all’impegno profuso.
Durante la presentazione di questa nuova scommessa, pareva di riascoltare ciò che, almeno 30 anni fa, sosteneva Renato Ratti quando immaginava lo sviluppo del vino in Piemonte. Riferendosi in particolare al mondo del Moscato e dell’Asti, Ratti sosteneva che le uniche strutture che avrebbero potuto competere con le industrie che dominavano il comparto erano le Cantine sociali: avevano in mano il prodotto e avrebbero potuto pensare efficacemente a distribuirlo e a portare più valore aggiunto alla viticoltura. Invece, non è stato così. Tutte le iniziative sorte per dare concretezza a questa ipotesi sono fallite miseramente, in qualche caso fagocitando anche cospicue somme di denaro pubblico.
Uno spiraglio di luce. C’è uno spiraglio di luce in questo “Vite colte”, proprio nel senso che intendeva Ratti. La validità del progetto sta nella solidità di una premessa che dura da 35 anni, tanto è lunga l’esistenza di Terre da vino. È stato il 1993 a segnare il cambio di marcia con il lavoro per conquistare il mercato del buon vino cooperativo. Poi, tra il 1993 e il 2000, lo sviluppo ha portato al trasferimento della cantina a Barolo. Con il 2000 è partita una nuova fase, che ha visto la produzione di altri vini di qualità, concepiti nel vigneto e destinati al canale Ho.Re.Ca. in Italia e nel mondo. Nel 2015, la sfida “Vite colte”. Gli obiettivi sono ambiziosi: 300 ettari coinvolti al primo passo, una viticoltura professionale e rispettosa dell’ambiente, subito 1 milione di bottiglie di alta gamma sui 5 milioni totali e un approccio di mercato finalizzato a raccogliere il maggior valore aggiunto possibile per meglio remunerare le uve.
Alla base di tutto c’è l’uomo, le “vite colte”: i vignaioli seguiti dai tecnici coordinati da Daniele Eberle e gli enologi con la supervisione di Bruno Cordero. A tutto sovraintende il presidente, Piero Quadrumolo, che ha dedicato la vita professionale alla struttura, avviata come esperienza operativa dell’Ente di sviluppo agricolo del Piemonte e poi poco per volta capace di continuare da sola.
Immagino che da lassù anche Renato Ratti starà guardando con curiosità a “Vite colte”, con la speranza che finalmente il settore cooperativo sappia giocare un ruolo qualificato per competere con le altre componenti per fare ancora più grande il vino piemontese. Se è vero che le cantine cooperative rappresentano ancora oggi più di un terzo del vino piemontese, hanno l’obbligo di provarci e, stavolta, di non fallire.

Giancarlo Montaldo

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