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Alba, un appartamento sequestrato alla camorra per l’emergenza abitativa

ALBA Martedì 26 gennaio, nella sala consiliare del Palazzo comunale di Alba, il sindaco Maurizio Marello ha ricevuto dal direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, prefetto Umberto Postiglione, accompagnato dal prefetto della provincia di Cuneo Giovanni Russo, le chiavi di un appartamento sito in corso Piave, 44 sequestrato alla criminalità organizzata e acquisito dall’Amministrazione comunale di Alba che lo concederà ai cittadini con esigenza abitativa. Durante l’incontro è stato sottoscritto il verbale di consegna dell’alloggio composto da cucina, camera, servizio e un piano sottotetto soffitta.

«Siamo davvero contenti di questa acquisizione – ha dichiarato il sindaco Maurizio Marello durante la firma  in sala Giunta – È la prima volta che siamo di fronte ad un’acquisizione di questo tipo. C’è una doppia valenza significativa: si è affermata la legalità della confisca di un bene ad una persona ritenuta affiliata ad un’organizzazione criminale ed ora questo bene sarà utilizzato per andare incontro alle persone e alle famiglie che fanno più fatica».

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«Sono contento di essere qui soprattutto per la scelta che ha fatto il Comune di Alba di destinare questo bene alla società che vive in difficoltà sul problema della casa – ha sottolineato il direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata Umberto Postiglione – Risolvere i problemi sociali esalta il valore del contenuto di legalità di queste azioni. Per questo sono davvero grato al Sindaco per aver dato un segnale così forte qui al nord. Qui si tratta del primo caso ma a Palermo abbiamo avviato diverse restituzioni. In un anno e mezzo siamo arrivati a 4.200 beni restituiti alla società».

Gazzetta d’Alba, nelle scorse settimane, aveva dedicato un ampio servizio al tema. Di seguito riproponiamo un estratto.

Il Consiglio comunale di Alba, durante la seduta consiliare di lunedì 30 novembre ha deliberato l’acquisizione di un appartamento, sito in corso Piave 44, confiscato alla criminalità organizzata. Una notizia sicuramente degna di nota per l’Amministrazione comunale che avrà a disposizione un ulteriore appartamento da destinare all’emergenza abitativa che però lascia molti interrogativi. È, infatti, la prima volta che l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati sequestra un bene di questo tipo in territorio albese e la notizia non ha lasciato indifferenti i consiglieri.

Non vi sono prove del tentativo da parte della camorra di penetrare nel territorio albese, mentre è accertato, dall’operazione Abachiara del 2011, che vi è stato un tentativo di istituire una “locale” di ‘ndrangheta ad Alba. «Viene riscontrata l’esistenza di una compagine calabrese presente nelle zone di Novi Ligure, Asti, Alba e Sommariva del Bosco e di una locale di ‘ndrangheta situata nei pressi di Novi Ligure, a Bosco Marengo, comune di residenza del boss Bruno Francesco Pronestì. La lontananza da Bosco Marengo aveva spinto due affiliati a richiedere l’apertura di un’altra locale da istituire nella città di Alba, richiesta non condivisa dal capo-bastone Pronestì», si legge negli atti del primo rapporto trimestrale sulle aree settentrionali redatto dall’Osservatorio sulla criminalità organizzata nel 2014.

Ciò che è certo, leggendo l’ordinanza di confisca dell’appartamento, sequestrato il 12 luglio 2007, è che questo era di proprietà di Mario Pepe, boss della camorra salernitana e nocerina morto nel 2010, primo collaboratore di giustizia a parlare dei clan campani, dopo l’arresto avvenuto nel 1992. Dell’appartamento di Alba si fa menzione in un articolo pubblicato il 9 novembre 2007 dal quotidiano La città di Salerno e rilanciato da Repubblica, subito dopo il sequestro preventivo. «Mario Pepe fu bloccato in Piemonte. Un arresto a cui seguì il suo prezioso “pentimento”. Gli inquirenti, sono tornati ad Alba, in provincia di Cuneo. E non era certo una visita di cortesia quella fatta alla moglie del collaboratore di giustizia Mario Pepe. I finanzieri le hanno notificato un ordine di sequestro firmato dai giudici della Corte d’Assise di Salerno: confisca della casa dove abita perché, ad avviso del Gico, non di sua proprietá, ma bensì del marito collaboratore di giustizia.

La misura è stata richiesta dalla Procura sulla base di una inchiesta del Gico che riguardava appunto l’accrescimento patrimoniale della signora, che risultava però incapiente rispetto alla capacità reddituale dichiarata. Come poteva dunque essere proprietaria di un appartamento del valore stimato di 100mila euro? I giudici dell’Assise hanno così accolto la richiesta della Procura: quell’immobile era stato acquistato con i proventi illeciti derivati dalle attività criminali messe in piedi da Mario Pepe durante la sua militanza nel clan Nuova Famiglia».

Nell’articolo del quotidiano campano si aggiunge: «Pepe, secondo quanto stabilito da sentenze passate in giudicato con reati di associazione camorristica, usura, estorsione e riciclaggio, era l’uomo usato dal clan anche per il reinvestimento del “denaro sporco”. Soldi che finivano soprattutto nell’edilizia e nella compravendita di immobili. Parchi residenziali, case, terreni».

Elementi che fanno pensare a un tentativo della camorra di investire, nel 1992, in Piemonte, regione dove Mario Pepe fu arrestato e operò negli ultimi mesi della sua latitanza. Un’operazione probabilmente “saltata” a causa del pentimento del boss del cui passaggio ad Alba rimane traccia solo negli atti di confisca di un appartamento che, come molti beni sottratti alle mafie, si spera possa trovare una nuova collocazione e risolvere i problemi di una delle molte famiglie albesi indigenti alla ricerca di un’abitazione.

Marcello Pasquero

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