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Un anno senza Michele Ferrero, il papà della Nutella

ALBA «Con l’addio di Michele Ferrero è finita un’epoca che non so se mai tornerà». Si commuove Maria quando le chiediamo un ricordo del “papà della Nutella” per il primo anniversario della sua scomparsa (avvenuta il 14 febbraio 2015 a Montecarlo), che verrà celebrato con una messa in programma alle 16 di domenica 14 febbraio nel duomo di Alba. «Sono nata nello stesso anno (1925) ma non l’ho mai conosciuto di persona», racconta la signora, «Gli ho comunque voluto bene come se fosse un fratello per il bene che ha fatto alla nostra gente e la sua scomparsa mi ha toccato profondamente». È una sensazione che hanno provato in molti ad Alba e tra le colline di Langhe e Roero, dove il “signor Michele” era stimato da tutti non tanto, o comunque non solo, per il fatto di aver creato migliaia di posti di lavoro ma soprattutto per il modo, umano e rispettoso, di interfacciarsi con i dipendenti. Una caratteristica che lo ha contraddistinto per tutta la vita e che gli è valsa un’immensa gratitudine, come dimostrano le innumerevoli piazze, a partire da piazza Savona di Alba, che sono state intitolate alla sua memoria dopo la morte.

Michele Ferrero, in uno scatto d'archivio.
Michele Ferrero, in uno scatto d’archivio.

Nato a Dogliani, Michele è cresciuto nel laboratorio di pasticceria aperto nel 1942 in via Rattazzi, ad Alba, dai genitori Pietro Ferrero e Piera Cillario, per poi diventare protagonista nell’industria di famiglia entrata in funzione nel 1946 in seguito al successo ottenuto dai dolcetti artigianali. Portano la sua firma Mon Chéri, Nutella, Tic Tac, Estathé, Ferrero Rocher e la linea Kinder, ma anche la Fondazione Ferrero con sede nel capoluogo delle Langhe, istituita nel 1983 e presieduta dalla moglie Maria Franca per prendersi cura degli ex dipendenti e promuovere iniziative culturali, oltre alle imprese sociali avviate nei Paesi in via di sviluppo.

Una serie smisurata di invenzioni lungimiranti che hanno trasformato quella che era una fabbrica di città in un colosso internazionale e che hanno portato Michele in vetta alla classifica degli italiani più ricchi, con un patrimonio di oltre 23 miliardi di dollari. Ma lui, Cavaliere del lavoro, con grande modestia, non ci ha mai badato ed è sempre rimasto lontano dai riflettori, pensando ad assicurare un futuro ai suoi 35 mila dipendenti e alla sua impresa, passando nel 1997 il timone ai figli Giovanni e Pietro, quest’ultimo purtroppo stroncato da un malore nel 2011 a soli 47 anni. Ora tocca quindi a Giovanni portare avanti questa missione e, come chiedono Maria e gli albesi tutti, «conservare il legame con il luogo da cui tutto ha avuto origine».

Enrico Fonte

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