Unioni civili: gli albesi dicono sì, ma sono scettici sull’utero in affitto

ALBA Gazzetta d’Alba ha indagato la percezione della vicenda legata alle unioni civili attraverso un doppio strumento: un sondaggio a risposta aperta lanciato sui social media (vedi QUI) e uno a risposte chiuse, anonime, sul sito www.gazzettadalba.it a cui numerosi lettori hanno risposto in modo esauriente. L’argomento si è inoltre arricchito di una storia davvero toccante con una persona omosessuale e di un’intervista con il sociologo direttore del Centro internazionale studi famiglia Francesco Belletti, che riporta il punto di vista della Chiesa (l’inchiesta completa è disponibile sul numero di Gazzetta d’Alba disponibile in edicola e in formato digitale a partire da oggi, martedì 15 marzo).

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Ma che cosa prevedono le nuove regole sulle unioni civili, il documento divenuto celebre come “decreto Cirinnà” e che ha costretto il Paese alla discussione, allo scontro tra parti politiche, religiose, ideologiche? Dopo la fiducia del Senato al provvedimento, votata a fine febbraio, si attende ora il voto della Camera. Innanzitutto, dopo il varo della legge, le coppie omosessuali esisteranno ufficialmente anche per lo Stato. Le coppie costituite da persone dello stesso sesso dovranno registrare in comune un contratto che definisce gli obblighi e i doveri dei componenti dell’unione civile – ad esempio l’assistenza morale e l’obbligo di coabitazione. Inoltre è prevista la reversibilità della pensione, i congedi parentali, la graduatoria all’asilo nido (anche se è esclusa l’adozione di figli estranei alla coppia). In materia di successione ed eredità, le unioni civili avranno gli stessi diritti delle coppie unite in matrimonio. In caso di separazione è previsto l’assegno di mantenimento, l’affido dei figli, diritti di visita e l’assegnazione della casa. Se uno dei due componenti dovesse cambiare sesso, l’unione civile sarà da considerarsi sciolta.

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Novità anche per le coppie eterosessuali, per quanto riguarda i cosiddetti “patti di convivenza”, che sono più deboli del matrimonio e delle stesse unioni civili (previste con questo nome solo per le coppie gay). Servono a tutelare sul piano patrimoniale e sanitario chi sceglie di non sposarsi, per esempio offrendo la possibilità di assistere il partner in ospedale. In caso di morte del componente della coppia che ha stipulato, per esempio, il contratto di affitto, l’altro avrà diritto a restare nella stessa casa per cinque anni. Le coppie unite in un patto di convivenza potranno far richiesta per le case popolari e l’assegno di mantenimento sarà deciso dal giudice in base alla durata della convivenza, mentre in seguito alla separazione il trattamento dei figli avrà le stesse identiche regole (e quindi responsabilità) che toccano alle coppie sposate. In caso di malattia grave o disabilità, uno dei due componenti della coppia potrà essere nominato tutore dell’altro. Chi sottoscrive il patto di convivenza potrà infine accedere alla comunione dei beni con un patto sottoscritto dal notaio.

Matteo Viberti

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