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Riflessione del 1° maggio: l'Italia ha bisogno di imprenditori come Olivetti e Ferrero

Riceviamo e pubblichiamo.

Bello visitare il primo maggio ad Alba, Palazzo Banca d’Alba, la mostra “Le mani pensanti” sulla storia dell’Olivetti, aperta sino a fine mese. Essenziale ma completa, con alcuni prodotti e pannelli esplicativi che raccontano la storia della Olivetti e il progetto dell’ingegner Adriano. Bello rileggere il primo maggio, fra i materiali della mostra, una sua frase che spiega come si realizzano i sogni, in questo tempo in cui pare non ci sia spazio per essi e l’utopia viene relegata a forma di alienazione: “Ecco, se mi posso permettere, spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande. Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande”.

Fantastico, il primo maggio, rileggere che “la fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica, giusto? A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza”.

Bello vedere uno dei frutti di quell’utopia, il P101, primo personal computer della storia, progettato nel ’64 da quegli ingegneri cui Adriano voleva rivolgere un saluto di riconoscenza e lanciato il 14 ottobre 1965 a New York, poi acquistato in numerosi esemplari dalla Nasa per il primo viaggio sulla Luna nel ’69 con Apollo 11.

p101-olivetti-banca-dalba

Vedendo il materiale della mostra e il filmato viene da pensare agli eterni ragazzi della fabbrica, gli ingegneri di Adriano Olivetti come il vecchio Gastone Garziera che il 15 ottobre scorso commentava alla radio l’incontro con Renzi avuto assieme al collega De Sandre dicendo con fanciullesco stupore che “sembrava un ragazzo come noi”; i due ragazzini, ultrasettantenni, in giacca e cravatta l’uno e informale l’altro, il giorno prima avevano spiegato al premier il funzionamento di “Programma 101”, loro creatura del ’64, felici di incontrare un ragazzo come loro cui spiegare la loro creatura, con l’ottimismo semplice degli anni ’60 e il senso dell’utopia ancora vivo dentro il cuore, regalatogli da Adriano Olivetti: il medesimo spirito che ha permesso, ad esempio, a Michele Ferrero di rendere grande l’impresa dolciaria albese e ricchi i territori in cui ha affondato radici la sua azienda. L’Italia ha bisogno di imprenditori come Olivetti e Ferrero, ragazzi che hanno saputo gettare il cuore oltre l’ostacolo per plasmare il futuro. Gente di cultura e di impresa, capitani coraggiosi.

Teresio Asola 

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