La guerra in Siria attraverso le immagini di Ibrahim Malla

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INTERVISTA Il Comitato albese della Croce Rossa Italiana ha allestito, dall’11 giugno, la mostra fotografica Shots on Syria di Ibrahim Malla, fotografo ufficiale della Mezzaluna Rossa Araba Siriana. Abbiamo intervistato il fotografo all’inaugurazione della mostra nel Palazzo Banca d’Alba di via Cavour.

 Come è arrivato a fotografare il conflitto siriano per la Croce Rossa?

«Sono stato volontario nella Croce Rossa per quindici anni. Due anni fa, grazie alla mia confidenza nell’utilizzo della macchina fotografica, mi offrirono un lavoro per documentare il dramma che stava accadendo nel paese. Non ci pensai due volte. Lasciai il posto precedente e oggi viaggio tra la Siria e l’Europa per comunicare al mondo la tragedia che ogni giorno si consuma. Oltre al conflitto bellico nel mio paese d’origine seguo le vicissitudini dei migranti che ogni giorno attraversano il Mediterraneo in cerca di salvezza. Solo ieri ero in Grecia. Vedo molta sofferenza, tento di lenirla attraverso il racconto per immagini».

Parliamo della Siria. Quale la situazione odierna vista dai suoi occhi?

«In Siria la crisi peggiora di giorno in giorno, e le conseguenze più tremende le sopportano i civili. Nella zona circostante Damasco alcuni gruppi di persone, isolate dagli aiuti umanitari e dalle comunicazioni con i centri che dispongono di risorse, non hanno cibo da circa un anno. Mangiano erba, insetti, animali. Quello che trovano. Vedete questa foto? È la mia preferita. Due bambini ricevono, dopo circa 400 giorni di fame, la prima scatola di cibo della Croce Rossa. Su un lato della scatola è scritto in arabo, sull’altro inglese. Vediamo, nella foto, una bambina che legge al fratellino l’elenco riportato: 5 Kg di riso, 3 Kg di patate, eccetera. Il bambino è felice, una felicità immortalata dall’obiettivo ma che noi non potremo mai capire».

 

Quale il ruolo della Croce Rossa in questo contesto?

«La Croce Rossa è sempre sul campo: tentiamo di portare cibo e soccorso sanitario. Ma non è facile. Il problema maggiore riguarda le autorizzazioni da ottenere dai diversi gruppi armati coinvolti nel conflitto. Talvolta dobbiamo aspettare mesi prima di avere il permesso di raggiungere determinate aree in condizioni di sicurezza, non solo per chi riceve il soccorso ma anche per i nostri volontari».

 

Non ha paura? 

«Certo che ho paura. Gli operatori della Croce Rossa nella maggior parte dei casi sono considerati “neutri”, dunque non vengono attaccati. Ma negli ultimi anni sono morti ben 61 di noi a causa di circostanze impreviste o incomprensioni. Molte delle vittime erano miei amici. Il pericolo è reale ma il nostro dovere è quello di non abbandonare la terra in cui siamo nati e in cui viviamo. Ovviamente i volontari sono soltanto siriani. A nessun operatore estero è permesso di operare su territorio siriano. Per quanto ci riguarda, dunque, siamo uniti da un unico sentimento: aiutare il nostro Paese, salvarlo da questa assurdità».

 

Secondo la sua personale opinione, quali le ragioni alla base del conflitto?

«Si tratta di questioni economiche, politiche, istituzionali. Non certo religiose. La Siria è il palcoscenico internazionale, il teatro su cui moltissimi attori intervengono per difendere i propri interessi o pretenderne di nuovi. Questa è la vera difficoltà: la coesistenza di moltissime forze, diverse tra loro per natura e modalità operative, ideologia, cultura. Insomma: mettere tutti d’accordo è difficile, quasi impossibile».
Non sembra ottimista sul futuro…

«Non vediamo una risoluzione pratica vicina nel tempo. Eppure, non possiamo fare altro che continuare a sperare, a combattere per il nostro popolo».

Ecco qui di seguito una galleria di immagini raccolte da Severino Marcato durante l’inaugurazione della mostra.

Matteo Viberti

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