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Nasce l’emporio sociale, la bottega senza denaro

Nasce l’emporio sociale, la bottega senza denaro

ALBA Un uomo che fatica ad arrivare a fine mese suona un citofono. Gli apre un commesso, lo fa salire nel negozio. L’uomo dice di che cosa ha bisogno: un regalo per il compleanno della figlia, pomodori e un costume da bagno. Il commesso consegna la merce, i due si stringono la mano e si salutano. Nessuna banconota, nessuna moneta. Non è una pellicola d’avanguardia, ma la scenografia reale di quanto potrebbe accadere in città da fine anno.

Apre ad Alba un negozio in cui non esiste scambio di denaro. Si chiama emporio sociale e realizza un ideale di solidarietà e di sinergia tra le istituzioni: il consorzio socio-assistenziale Alba, Langhe e Roero, la Caritas diocesana, il Comune di Alba e il consorzio Cis (Compagnia di iniziative sociali), imprenditori ed esercenti. Grazie all’appoggio del vescovo Marco Brunetti e nei locali messi a disposizione dalla Società San Paolo, entro l’inverno l’emporio dovrebbe essere operativo per alimenti, farmaci, giocattoli, abbigliamento. Si tratta di prodotti fuori serie o prossimi alla scadenza, donati dalla grande distribuzione per un fine nobile: aiutare le famiglie a fronteggiare una quotidianità sempre più ostica e un sistema sociale sempre meno tutelante.

Nell’emporio sarà possibile effettuare anche piccole riparazioni, come quelle per la bicicletta o per un elettrodomestico: lavori realizzati da disoccupati, iscritti alle liste di mobilità, cassaintegrati, in modo da offrire una – seppur minima – opportunità. L’Amministrazione di Maurizio Marello ha partecipato a un bando indetto dalla Compagnia di San Paolo: il finanziamento richiesto è di circa 130mila euro per i primi due anni. I vari enti parteciperanno con un cofinanziamento e con volontari per gestire il locale e la raccolta dei prodotti.

La povertà non è una novità nella nostra società. Lo racconta un operaio albese di 28 anni: «Ricordo che da piccolo mangiare la pizza, una volta la settimana era una sorta di festa. Eravamo in quattro in famiglia, per cui la spesa – allora in lire – ammontava a circa 20 euro. So che oggi si sorride al pensiero di far fatica a pagare così poco. Ma vent’anni fa c’erano molte famiglie ad Alba che arrancavano per arrivare a fine mese».

Andrea fa l’operaio e racconta una storia che sembra appartenere a fasce limitate della popolazione. Ma è così? «Ricordo mia madre appuntare su un’agenda ogni uscita finanziaria. Lei era un ministro del bilancio impeccabile, dolce e severo, che ha tenuto su la baracca. Mio padre si spezzava la schiena di lavoro, ma in quella fatica non stavamo in ansia. Eravamo felici di contribuire a un progetto».

Parliamo con Elena Di Liddo, vicesindaco di Alba e promotrice del progetto dell’emporio sociale.

Perché ha pensato all’emporio? 

«Bra e Asti hanno già realizzato progetti simili. Ispirandoci a loro, e grazie al sostegno del vescovo, abbiamo pensato di fronteggiare una crisi che si inasprisce a livello cittadino. L’emporio sociale si basa sul concetto di economia circolare».

Che cosa significa?

«I prodotti che non vengono utilizzati dalla grande distribuzione sono recuperati nell’ottica del “non spreco” e del vivere sostenibile».

Sembra un progetto idealistico, che diventa realtà.

«La cooperazione è stata la chiave di volta: enti pubblici, privati, volontari, tutti verso un unico obiettivo: aiutare le fasce deboli. Le famiglie avranno una tessera con un punteggio. A seconda delle difficoltà sociali o economiche che attraversano avranno diritto a un certo quantitativo di aiuti da parte dell’emporio. Grazie al consorzio riusciremo a regolare le donazioni in base alle reali esigenze. La Caritas gestirà l’attività insieme ai volontari. Speriamo di ottenere il finanziamento dalla Compagnia di San Paolo per partire in tempi brevi. Comunque l’emporio si farà anche senza».

Matteo Viberti

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