Ultime notizie

Un milione a ettaro non serve per la mia vigna

Non piace l’arrivo degli investitori stranieri sulle colline del Barolo

LA STORIA «Il contadino le sue vigne le conosce tutte, una per una. Sa dove manca il palo e quale filare ha bisogno di cure. La vigna è la sua vita e anche il suo legame con il passato, rappresenta la continuità del lavoro di generazioni, il modo in cui l’uomo ha plasmato il territorio».

Il racconto è di Giovanni, sposato, due figli grandi, un viticoltore di Langa che venderebbe mai i suoi vigneti. Giovanni ha otto ettari coltivati a Nebbiolo, la piccola azienda di famiglia trasformata in impresa insieme al fratello: dopo la scuola a Grinzane, ha fatto esperienza in grandi cantine e poi, negli anni Novanta, quando il Barolo comincia ad affermarsi, l’ascesa nel suo business.

E UNA PASSIONE immutata, coltivare la terra: «Posso leggere sui tralci, nei tagli della pianta, le mani di mio padre, di mia madre, di mio nonno. La loro storia, la mia storia è intrecciata a quella del sarmento che piego, che spoglio, che curo. Ogni anno, più volte l’anno, passo ad accarezzare i tralci. Taglio, scorro il palmite per liberarlo dalle foglie, lo sistemo, lo fermo. La carezza si ripete lungo l’estate per liberare i grappoli, diradare, controllare la vite, e in autunno, nel tempo ebbro della vendemmia».

DESCRITTO COSÌ, parole di Giovanni, è un rapporto d’amore quello che lega il viticoltore alla terra. «Posso dire di conoscere ogni pianta. Il contatto è personale». Impossibile pensare di lasciare ad altri l’oggetto di tanta passione, impensabile l’idea di cedere. «Non si può barattare la propria radice. Non c’è valore economico che possa pagare la perdita di quei tagli, di quelle mani che lavorano da generazioni per tessere la trama del tempo».

L’inchiesta sul vino: leggi anche

ANCORA GIOVANNI: «Ci siamo fatti apprezzare per la qualità dei nostri vini, siamo approdati in altri continenti a spiegarla. Abbiamo tanto lavorato, faticato. In cinquant’anni abbiamo cambiato il destino delle nostre colline, plasmato il nostro territorio, siamo passati dall’aratro tirato dai buoi al benessere di chi vende Barolo a New York. E ora siamo come una perla preziosa in mano al mercato, che decide per noi. Chi offre di più può comprarsi l’etichetta migliore. Eppure, sarà padrone di un vigneto, ma non avrà mai la nostra storia».

NON SI VENDE agli stranieri? «Abbiamo accolto quanti sono arrivati, decenni or sono, dal Nord Europa, a farci capire quanto sono belle le nostre vigne, e chi è giunto in tempi più vicini per lavorare con noi, nelle nostre case: mani fidate, esperte, anche se parlano un altro idioma. Ma non possiamo accettare la svendita per moda, capriccio o finanza. Stranieri che pagano fior di milioni per un vigneto di Nebbiolo e pure stranieri – anche se non lo sono di fatto – che riempiono la collina dei Cannubi di scatoloni in cemento».

EPPURE, GIOVANNI, un ettaro vale un milione e la tua vigna ne potrebbe fruttare otto. «La venderei nemmeno per ottanta, la mia vigna».

Maria Grazia Olivero

Banner Gazzetta d'Alba