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Una giornata per ricordare Carolina, signora in giallo

Una giornata per ricordare Carolina, signora in giallo 1
Al centro, col cappello adorno di rose bianche, Carolina Invernizio

GOVONE A cent’anni dalla morte, una giornata per ricordare Carolina Invernizio, la regina italiana dei romanzi d’appendice

A cent’anni dalla morte, avvenuta a Cuneo nel 1916, Carolina Invernizio, la popolare scrittrice di fine Ottocento, nata a Voghera nel 1851 e vissuta a Govone, sarà ricordata domenica 13 novembre nella hall del ristorante Le scuderie, in piazza Vittorio Emanuele II. L’idea è del centro culturale Govone e il castello e della biblioteca. Dalle 10 alle 12 si potrà gustare cioccolata calda, mentre sarà allestita la mostra dei libri di Carolina Invernizio; dalle 14.30 alle 17, nella sede degli Alpini, sarà proiettato il video Carolina Invernizio a Govone e saranno letti i brani tratti dai suoi romanzi.

«Carolina era solita aprire il suo salotto per una conversazione davanti a una tazza di cioccolata; sposò un govonese, il tenente Quinterno e il suo nome è ancora vivo nella memoria del paese. La sua immagine è quella di una persona gentile e affettuosa», spiega Ornella Ponchione, presidente del centro culturale.

Signora perbene, madre e moglie esemplare, molto devota alla Madonna, la Invernizio fu nel contempo amante della mondanità, dei cappelli piumati e degli abiti a strascico.

Per oltre quarant’anni nessuno riuscì a scalzarla dal trono di regina del feuilleton, il romanzo d’appendice. «Pioniera del “giallo”», prosegue Ponchione, «la scrittrice mette in moto un meccanismo narrativo intriso di inconfessabili peccati, perfidi tradimenti, vili stratagemmi e laceranti segreti in un accumulo di effetti kitsch involontariamente comici, ma geniali».

A 19 anni, nel 1877, pubblica il suo primo romanzo con Salani di Firenze; seguiranno altri 120 libri, apparsi prima in appendice a quotidiani come l’Opinione nazionale di Firenze e la Gazzetta di Torino. «Nel 1896 è a Torino, ma sono frequenti i soggiorni a Govone. Nel 1914 si trasferisce a Cuneo, dove morirà due anni dopo di polmonite. Nel testamento del 1903, scritto di suo pugno a Govone, esprime il desiderio di essere sepolta a quattro giorni dalla morte, proprio per esorcizzare i terrificanti eventi che faceva succedere ai personaggi dei suoi romanzi».

Francesca Gerbi

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