I quattro sacchi pieni di franchi della IV armata. Il racconto di Giuseppe Maestri

I quattro sacchi pieni di franchi della IV armata. Il racconto di Giuseppe Maestri 1
Una vecchia foto del santuario della Moretta, ancora senza campanile, tratta dal volume "Alba com'era"

 

INTERVISTA Il racconto di Giuseppe Maestri sull’incursione fascista nel santuario della Moretta nel 1943

Sono rare e preziose ormai le testimonianze dirette sugli avvenimenti del 1943-45. Quando l’amico Viglione, domenica 18 dicembre, mi telefonò dicendomi che alla Moretta c’era un anziano religioso, testimone di un episodio correlato al tesoro della IV armata, non pensai un attimo. Poche ore dopo, ero davanti a fratel Giuseppe Maestri, 90 anni, che non ha perso la memoria e un certo humour. Fratel Giuseppe inizia il suo racconto: «Sono nato a Pontremoli (Massa Carrara), nel 1926. Il 29 settembre del 1943 sono arrivato alla Moretta. Provenivo da Canelli, ove avevo terminato il ginnasio dai Giuseppini. In quel 1943 gli edifici erano molto ridotti rispetto agli attuali, consistevano nella chiesa, la casetta, l’oratorio e l’orto. Padre Balestracci era il superiore, responsabile dei novizi era padre Lorenzo, inoltre c’erano altri due sacerdoti: padre Giacomo Boiocchi e padre Mario Andreazza. Con me arrivarono da Canelli altri 16 compagni».

I quattro sacchi pieni di franchi della IV armata. Il racconto di Giuseppe Maestri

Fratel Giuseppe entra nel vivo: «Nei giorni seguenti l’8 settembre arrivano due ufficiali del Regio esercito con un borghese, era un impiegato all’intendenza del 43° reggimento fanteria Forlì, che aveva sede in Alba. Portano quattro sacchi pieni. Dicono al superiore di nasconderli bene. In seguito sarebbero venuti a riprenderli. Vengono sistemati in un ripostiglio sul solaio, posto nell’edificio accanto alla chiesa. I quattro sacchi sono sigillati con scritta “Regio esercito”. Sono di tela color grigio. Il 22 novembre arrivano al santuario due ufficiali della Repubblica sociale italiana (Rsi) e chiedono dei sacchi. Il tono è perentorio: “Consegnateli o perquisiamo la chiesa”. Il superiore risponde subito: “Va bene”. I sacchi sono consegnati, i militari ringraziano. Gli ufficiali chiedono: “Sapete cosa c’è dentro?”. Padre Balestracci risponde: “No!”. Gli ufficiali: “Sono trecento milioni di franchi, aggiungono. “Sarebbero bastati per farla cardinale”».

 “I sacchi erano sei, non quattro!”

Il mattino seguente, alle cinque e mezza, i due ritornano; con loro altri militi che forzano le porte e iniziano a interrogare tutti. Dicono perentori: “I sacchi erano sei, non quattro, ne sono spariti due!”. Inizia il dramma: minacciano, urlano: “Uccidiamo tutti”. Interrogano noi novizi nel parlatorio, poi ci portano nel cortile. Il superiore fa presente che i sacchi erano solo quattro. Lo accusano di collaborazionismo con il vecchio esercito regio. Le armi sono spianate, c’è tensione, paura. Dicono che con l’aurora i due sacchi devono essere portati in cortile. Noi novizi ci ritiriamo nel parlatorio a pregare. Don Balestracci e altri religiosi continuano a stare con i militari».

Il dramma continua, attutito dopo tanti anni dal tono pacato di fratel Giuseppe: «Poco dopo viene perquisita dappertutto la casa annessa al santuario e trovano nulla. Don Balestracci consegna agli ufficiali il nome del laico che ha portato in solaio i quattro sacchi con una carretta. Abita in un caseggiato nel vicino corso Langhe. Lo svegliano. Lo interrogano. Conferma subito: “Erano quattro sacchi, non sapevo cosa contenevano”. Si calmano un po’ gli animi, ma i soldati non lasciano entrare in chiesa i fedeli per la Messa del mattino».

La tensione a questo punto si stempera: «Finalmente i militi sono convinti che i sacchi erano solo quattro, lasciano il santuario. Alle 8 tutto è finito. Grazie a Dio nessun ferito, nessun danno, solo tanta, tanta paura. La chiesa rimasta chiusa e i movimenti dei militari avevano allarmato la popolazione. Una piccola folla si era radunata silenziosa davanti al santuario».

Lorenzo Tablino

Nel numero 5 di Gazzetta d’Alba, in edicola da martedì 31 gennaio, la ricostruzione puntuale dei fatti a cura di Paolo Rastelli

 

 

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