Lunedì a Santo Stefano Belbo si torna a parlare dell’Asti secco

A Santo Stefano Belbo si torna a parlare dell’Asti secco

SANTO STEFANO BELBO Lunedì 6 febbraio, alle 10, all’auditorium della fondazione Cesare Pavese, in piazza Confraternita a Santo Stefano Belbo, si terrà un forum sull’Asti secco. Un incontro, promosso dall’Associazione dei Comuni del Moscato, al quale sono invitati i parlamentari e i giornalisti del Piemonte, per discutere sulla proposta di una nuova denominazione di un Asti Docg non dolce.

La mattinata seguirà il format classico del talk-show. Dopo i saluti del presidente dell’Associazione dei Comuni del Moscato e sindaco di Santo Stefano Belbo, Luigi Genesio Icardi, i dirigenti del Consorzio di tutela dell’Asti informeranno sull’iter di costituzione della nuova denominazione. Successivamente si aprirà un dibattito su come il Piemonte possa appoggiare e promuovere in tutte le sedi un progetto che pare essere strategico non solo per la filiera del Moscato, ma per tutta l’economia della regione.

Il comparto dell’uva Moscato è una colonna portante dell’economia piemontese con oltre 2.900 aziende agricole impegnate nella conduzione di circa 9.600 ettari di vigneto che producono, ogni anno, 720 mila ettolitri di Asti e Moscato d’Asti Docg, con fatturati di centinaia di milioni di euro.

Le vendite, nel mondo, sono arrivate a 103 milioni di bottiglie nel 2011, ma da allora è iniziata una crisi profonda che vede, oggi, le vendite ferme a 85 milioni di bottiglie l’anno, con una riduzione del 20% del fatturato. Di conseguenza, per l’anno 2016, con l’intento di equilibrare il rapporto tra domanda e offerta, e per evitare drastici crolli del prezzo, sia delle uve, sia dei vini, il tavolo di filiera ha approvato una riduzione della resa di uva di 22 quintali per ettaro coltivato. L’abbassamento della resa per ettaro a soli 78 quintali di uva per la produzione di Asti ha comportato, per l’intera economia agricola del comparto, una perdita che supera i 22 milioni di euro, pari ad una riduzione di oltre il 20% del reddito di ogni impresa viticola della denominazione. Tale condizione, che ha già reso difficile la gestione per l’annata 2016, sarebbe assolutamente insostenibile se si procrastinasse ulteriormente.

Fabio Gallina

 

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