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Dopo 50 anni la boxe è tornata ad Alba. Ecco le foto e le impressioni

reportage boxe da finire

ALBA Dopo quasi cinquant’anni Alba è tornata a ospitare incontri di pugilato nel Gala organizzato sabato scorso al palasport di corso Langhe alla sezione albese della Skull boxe Canavese. Tra i dilettanti hanno vinto Franco Vallisani (ko tecnico), Andrei Mosneagu, Luca Borrano, Antony Cavalera, Darwin El Badaoni e Oliha Etinosa (ai punti).

Tra  i professionisti successi  di Francesco Tartaro (ai punti), Hassan Nourdine (per abbandono al quarto round) e Cristian Arvelo (ko tecnico alla quarta ripresa).

Ci si sarebbe aspettati una platea urlante e rabbiosa, che sfoga pulsioni aggressive accumulate di fronte alle iniquità della vita. Oppure che il pubblico riflettesse l’apparenza dello sport osservato, ovvero violenza e pericolo. Invece nel palazzetto di corso Langhe il Gala di Boxe – organizzato dalla sezione albese della Skull Boxe Canavese – rifletteva altre anime. Tra un pipistrello che riesce a intrufolarsi nella struttura e per mezz’ora vola tra gli spalti, ragazze di fisionomie sudamericane che alzano il cartello col numero del round in corso, riflettori puntati sul ring in centro, sponsor che brillano, storiche leggende albesi – come il pugile Matteo Prandi – che salgono sul palco, il contesto pareva differente dall’ordinarietà della provincia e riportare a scenari di grandezza. Dove ad essere grandi non sono i risultati finanziari ma il significato dell’evento creato.

Primo, i numeri: oltre trecento persone a una manifestazione che nel panorama cittadino mancava da sess’antanni. La numerosità la dice lunga sui bisogni e i desideri di una comunità. Sulla voglia di nuovo e di tornare al “primitivo”, inteso come purezza del combattimento e del movimento corporeo. Secondo, gli “osservatori”. I dialoghi percepibili non riguardavano aggressività o quel sadico desiderio di assistere compiaciuti alla caduta di un proprio simile.

Ecco una galleria delle immagini della manifestazione

«Nella boxe la precisione batte la potenza, il ritmo batte la velocità», dice uno al suo vicino – spalancando metafore dall’applicabilità ben più ampia. Due ragazze parlano tra loro: «Ho iniziato boxe da poco e quello che amo è la capacità di questo sport di farti trovare un tuo “baricentro”. La coordinazione e l’equilibrio sono virtù bellissime, quando le impari nel corpo le puoi trasferire anche nella mente». Quando un montante o un gancio, dal ring, producono lo schiocco di chi ha centrato il bersaglio (una mascella o un setto nasale possono essere molto resistenti) dalla folla si levano sospiri. Non di eccitazione, ma di sospensione. È un evento nuovo per la città, un progetto nato nella palestra Functional Gym di Ricca da menti che pensano che lo sport non sia soltanto intrattenimento ma una pratica di sviluppo.

I combattenti dopo la lotta si abbracciano sul palco: i serbi – ospiti che rendevano internazionale la rassegna – perdono tutti gli incontri, ma sorridono come se la sconfitta fosse stato un gioco che valeva la pena di giocare. «Il perdente non è colui che perde, ma chi smette di provare dopo che aver perso», dice un anziano signore prima di lasciare il palazzetto.

Matteo Viberti

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