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Gianrico Carofiglio: «È mai concluso, il personaggio riuscito»

Carofiglio e Fenoglio, il suo maresciallo: «È mai concluso, il personaggio riuscito»
Gianrico Carofiglio fotografato alla tenuta La Bernardina

INTERVISTA Gianrico Carofiglio è un fiume in piena, ma sempre garbato e a tratti ironico. Lo è nei suoi libri, che hanno venduto più di cinque milioni di copie e sono stati tradotti in ventotto lingue, ma lo è pure quando incontra il pubblico. Così è stato sabato scorso, alla tenuta La Bernardina, per Attraverso festival. L’ex magistrato barese ha presentato uno dei suoi personaggi più riusciti: il maresciallo Pietro Fenoglio, piemontese trapiantato a Bari. Un cognome scelto in apparenza per caso, incrociando in libreria Una questione privata. «Leggendo L’estate fredda, ho ritrovato nel maresciallo la stessa mancanza di superiorità che possedeva mio padre», ha detto Margherita Fenoglio, che ha dialogato con Paola Farinetti e con Carofiglio.

Carofiglio, una volta che la fatica è compiuta e il libro è concluso, quale legame rimane con i suoi personaggi?
«Prima di tutto, il personaggio riuscito è mai concluso: ogni libro deve possedere in sé il potenziale di avere un seguito, anche se nella maggior parte dei casi lo scrittore non lo farà. È ciò che Hemingway chiamava il “principio dell’iceberg”: quello che viene trasportato sulla carta è la punta, ma sotto c’è un universo inimmaginabile, ma che definisce ogni aspetto della storia. Dopodiché, una volta che il personaggio è venuto alla luce, arriva il momento in cui può essere abbandonato al suo destino, cioè andare con i lettori. E accade quando lo scrittore ha l’impressione di avergli fatto dire una parte importante di quel mosaico che aveva in mente. Se parliamo di legami, poi, ad alcuni sono affezionato, mentre altri riesco a salutarli con più facilità. E, per altri ancora, provo una sincera tenerezza».

E le capita, mentre scrive, di pensare al pubblico che leggerà quelle pagine?
«All’inizio sì. Poi sempre di meno e oggi solo in singole parti. Sono convinto che bisogna dire la verità con le parole migliori che si hanno: questo è già pensare al pubblico».

Dal suo esordio nella letteratura a oggi, che cosa ha imparato?
«Una buona dose di tecnica e altrettanta consapevolezza. Ogni volta che lo scrittore inizia un libro, pensa che non riuscirà a farcela. E le assicuro che non è una battuta! “Impossibile” è una delle parole che ritornano più di frequente in queste fasi. Ma poi realizzi che, in fondo, lo hai pensato tutte le volte precedenti e ti ritrovi ad andare avanti».

Ha parlato più volte di verità nello scrivere: quanto è difficile raggiungerla nella legge e nella politica?
«È al contempo molto difficile e molto facile. La chiave di volta è decidere se farne o non farne un fatto personale: chi sceglie la seconda strada, riesce davvero ad avvicinarsi all’autenticità. Purtroppo, però, la maggior parte delle persone che fanno politica agiscono diversamente. E non vuol dire per forza commettere fatti illeciti, ma perdere del tutto la capacità di vedere la realtà in modo obiettivo».

Si riferisce alla politica di oggi, immagino. Ma come vede quella di domani?
«Nella prossima legislatura, ci sarà senz’altro un governo di compromesso che dovrà – si spera – rendere l’aria del nostro Paese più respirabile. Mi piace pensare alla crisi come un’occasione. Certo, ci sono aspetti che creano molto sconforto, a partire dall’apparente mediocrità della maggior parte delle persone che oggi sono al potere. Penso che, per il futuro, serva una vera restaurazione dell’intero ceto politico».

Francesca Pinaffo

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