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Clima: la viticoltura deve adeguarsi

Clima: la viticoltura deve adeguarsi

GRINZANE CAVOUR L’Unione produttori vini albesi, che dal 1973 propone e valorizza la storica bottiglia Albèisa, la scorsa settimana ha organizzato all’Enoteca regionale di Grinzane Cavour un interessante convegno sui cambiamenti climatici e, più in generale, sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente in cui vive e opera. A parlare di questi temi con riferimento alla coltivazione del vigneto e alla produzione del vino sono intervenuti il giornalista scientifico Luca Mercalli, Federica Gaiotti ed Elisa Angelini (ricercatrici del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) e l’agronomo Ruggero Mazzilli.

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Le manifestazioni climatiche degli ultimi anni stanno portando le persone più attente a un approccio maggiormente critico rispetto al passato, passando dall’analisi superficiale dei problemi a una presa di coscienza più responsabile. In questo quadro va vista l’iniziativa dell’Albèisa, che ha voluto portare i temi del clima e dell’ambiente all’attenzione dei suoi associati in modo responsabile e scientifico.

Il clima che cambia è solo un problema, magari è il più appariscente, ma non il più grave se lo raffrontiamo con altri allarmi ambientali (aumento dell’anidride carbonica in atmosfera, acidificazione degli oceani, squilibrio del ciclo dell’azoto, aumento del fosforo, uso indiscriminato del suolo, perdita di biodiversità e inquinamento chimico). È vero che nella storia ci sono stati altri periodi di grande caldo (l’epoca romana e quella attorno all’anno Mille per citare le più eclatanti), ma è innegabile che dagli anni Novanta in poi qualcosa nel clima sia mutato.

Se la tendenza attuale sia davvero irrecuperabile non lo sappiamo. Certo è che ci sono elementi che la confermano appieno: nel 2003 abbiamo avuto l’estate più calda di sempre, seguita da quella del 2017. Anche quella del 2014, che a noi è parsa fresca, confrontandola con i decenni precedenti, dobbiamo classificarla tra le calde.

Ce lo conferma anche la durata del ciclo fenologico della vite: tra il 1960 e il 1990 era di 179 giorni; dopo il 1990 si è poco per volta ridotta fino agli attuali 165. In sostanza, le fasi vegetative sono più anticipate e veloci, a cominciare dal germogliamento (6-7 giorni prima di un tempo) fino alla vendemmia, che ha una precocità di circa due settimane. All’aumento delle temperature si è aggiunta la riduzione delle precipitazioni: in vari territori è venuta d’attualità l’irrigazione di soccorso, a patto che si possa avere acqua a disposizione.

In condizioni così diventa fondamentale l’azione dell’uomo. Il viticoltore deve adeguare gli interventi agronomici alle temperature che salgono e alla presenza idrica che si riduce, per evitare che le piante vadano in stress, danneggiando gravemente il prodotto finale. Se nel passato l’erba nei filari era un nemico da debellare, oggi è una preziosa alleata: d’inverno svolge un’importante azione fotosintetica e d’estate, come pacciamatura, diventa un formidabile pannello isolante contro la dispersione idrica.

Bisogna, quindi, cambiare il modo di affrontare la coltivazione, mettendo al primo posto la parte della pianta che sta sotto terra. Il suolo sta diventando l’elemento cardine di una buona coltivazione, mentre la parte aerea finisce per esserne soltanto la conseguenza.

In questa logica, anche la biodiversità acquisisce una importanza strategica. Nel vigneto, come sull’intera collina, la presenza di una molteplicità di protagonisti vegetali è meglio della monocoltura, che rischia di accentuare maggiormente i problemi ambientali.

Viene da chiedersi che cosa possa fare ciascuno di noi per orientare l’ambiente e il pianeta verso un futuro più sereno. Le risposte sono molteplici, ma tutte si sintetizzano in un proposito prioritario: consumare di meno.

Giancarlo Montaldo

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