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Morto il maestro dei cuochi italiani: la nostra intervista a Gualtiero Marchesi

Morto il maestro dei cuochi italiani: la nostra intervista a Gualtiero Marchesi

MARCHESI E’ morto a Milano Gualtiero Marchesi, il maestro degli chef italiani, cuoco tra i più famosi al mondo e inventore della “Nuova cucina italiana”.

Nel 2015 Gazzetta lo ha intervistato a pochi giorni dalla sua partecipazione alla Fiera internazionale del Tartufo Bianco d’Alba.

L’intervista del 2015

Gualtiero Marchesi sarà uno dei grandi protagonisti dell’85° fiera internazionale del Tartufo bianco di Alba. Inventore della “Nuova cucina italiana”, maestro di chef come il nostro Enrico Crippa, Antonino Cannavacciuolo, Carlo Cracco, Davide Oldani e molti altri, Marchesi riceverà venerdì 9 ottobre il prestigioso “Taglia tartufi d’oro”, premio a una carriera di grandi successi. “Il maestro” come egli ama essere definito si racconta in esclusiva a Gazzetta per parlare del suo legame con le Langhe e col “signor tartufo bianco”, ma anche delle polemiche con la guida Michelin, di Expo, della fondazione che porta il suo nome e dei sogni che albergano nel cuore ancora giovane dell’ottantacinquenne chef milanese.

Qual è il suo rapporto con Alba e le Langhe? E quale pensa siano l’importanza e il ruolo della nostra zona nel panorama italiano e mondiale dell’alta cucina?

Negli anni Sessanta, penso di aver creato una delle prime carte di vini importanti in Italia. Ero ancora con i miei all’Albergo Ristorante Al Mercato e i vini piemontesi avevano il rango d’onore, Sarebbe interessante confrontare quell’elenco con le etichette di oggi. Ad Alba, poi, c’è il ristorante di Enrico Crippa che è stato mio allievo e con cui ho un bel rapporto di stima e che ha ottenuto il riconoscimento delle tre stelle Michelin

È legato a qualche altro personaggio della nostra zona?

Il signor tartufo bianco.

Ricorda quando è stata la prima volta che ha annusato o assaporato un tartufo bianco d’Alba e quali sono state le sue sensazioni?

Quando Alessi mi propose di provare la sua cloche, preparai dei tagliolini con una fonduta di formaggio leggera e il tartufo bianco grattugiato sopra. Alzavo la cloche e la gente, al ristorante, sussurrava: guarda Marchesi fa la pasta!

Il 9 ottobre le verrà consegnato il “Taglia tartufi d’oro”, l’ultimo tra centinaia di riconoscimenti e premi ve n’è uno a cui è più legato?

Nel 2009 ricevetti a Madrid il Grembiule d’oro insieme ad altri dieci cuochi internazionali che hanno influenzato la cucina dell’ultimo decennio.

Lei è definito il maestro di tutti gli chef italiani, è un ruolo che la onora o che la infastidisce?

Non sono un superbo, non faccio la coda andando in giro. Sono contento di aver lasciato un segno, di aver fatto il mio dovere e di non aver sprecato troppo il tempo a disposizione.

Tra i suoi molti allievi, non le chiederò come fanno tutti, chi è il più bravo mettendola probabilmente in difficoltà, ma quello a cui è legato maggiormente a livello umano, prima che professionale.

Posso dire che con alcuni di questi è nato uno scambio, una vicinanza d’intenti al punto che certi piatti non sapevi se erano più miei o più suoi. Erano del ristorante Marchesi. Ho avuto la fortuna e l’ostinazione di imparare a fondo la tecnica e solo grazie a quella sono arrivato fin qui, riuscendo anche ad essere d’esempio agli altri.

Con lei la cucina è diventata un’opera d’arte, quanto è stato importante nella sua carriera l’amore per l’arte?

La mia è una cucina che scaturisce dall’idea e se l’idea è forte il piatto diventa un classico. L’idea può nascere da qualsiasi cosa colpisca l’immaginazione: una montagna, un oggetto, una parola detta, un quadro, una scultura, un brano musicale, le linee e il silenzio di un paesaggio. Devi avere dentro tutto e poi basto uno spunto per partire.

È arcinota la sua polemica nei confronti della guida Michelin e il suo rifiuto delle stelle della guida francese. Pensa ancora che gli chef d’Oltralpe siano privilegiati dalla guida? E che tra i cuochi italiani regni il timore per la valutazione dei giudici francesi?

Non si tratta di timore, io preferisco giudicarmi anziché farmi giudicare. È solo a me stesso che devo rendere conto. Se sono contento io. Vado avanti per quello che so fare. Mi è capitato di sedermi in un ristorante stellatissimo senza trovare nulla di così particolare.

Lei ha sostenuto che, nonostante difetti e lungaggini, Milano e l’Italia dovessero sostenere l’Expo come grande veicolo di promozione per la cucina italiana. Dopo questi primi mesi qual è il suo personale bilancio di Expo?

Ci vado spessissimo, ma sempre invitato per qualche cosa. Non sono riuscito a gironzolare in libertà, ma i padiglioni che ho visitato erano tutti eccezionali. Dal Padiglione Zero con il tavolo Pangea all’Europa, con una storia semplice ed emozionante, a Israele, il Messico e molti altri. Evitiamo però di criticare sempre tutto e tutti.

Quali sono i risultati legati alla fondazione Gualtiero Marchesi di cui va più fiero e quali invece gli obiettivi per il futuro?

La diffusione del bello e del buono in tutte le arti, non è poco e abbiamo appena iniziato. Emozionanti i corsi di cucina per i piccoli musicisti dall’Accademia Amadeus, riscontrando una manualità eccezionale anche rispetto a molti adulti ed un’armonia nei piatti da loro cucinati. E sono felice che i passi per la nuova sede in Villa Mylius a Varese procedono finalmente con un cronoprogramma preciso. L’obiettivo è la realizzazione di un progetto di alta formazione in cucina ampliando quanto avviato con l’Accademia Marchesi a Milano.

Oggi potrebbe riposarsi dopo una vita passata a regalare gioia con i suoi piatti, dove trova gli stimoli per continuare a mettersi in gioco?

Anziché darle una risposta, le descrivo il prossimo piatto che farò, sarà uno shabu-shabu all’italiana: uno strato di verdure bollite, condite con un filo d’olio e sopra delle fette sottili di carne scottata nel brodo e una salsa verde per condire il tutto.

La sua storia è quella di tanti sogni realizzati, ha sempre pensato di farcela nel suo proposito di proporre una nuova cucina italiana o in alcuni momenti ha avuto paura di fallire? Quali sono i sogni di Gualtiero Marchesi oggi?

Certo, ma devi credere in te stesso, abbracciare l’idea e realizzarla, migliorandola se va migliorata. Noi siamo quello che abbiamo visto e saputo fare. Il mio sogno è prima di stare bene e poi di pubblicare due o tre libri: uno di sole immagini con centotrenta piatti, un altro dove racconto la mia storia dal fondo dell’anima e infine un libretto con i pensieri che ho raccolto, aforismi miei e altrui, sempre utili per illuminare il cammino.

Marcello Pasquero

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