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Quando si andava da Alba a Bra a Torino a bordo del velocifero

Quando si andava da Alba a Bra col velocifero

STORIA  Il sacerdote monregalese Baruffi, apprezzato divulgatore scientifico del XIX secolo, in un viaggio dalle nostre parti nel 1842 (Bra-Alba) di cui abbiamo già parlato, rilevava che «Bra è in comunicazione giornaliera colla capitale Torino, da cui dista 19 miglia, mercè di una specie di brutta carrozza incomodissima, detta velocifero, vantaggio ora felicemente comune a quasi tutte le città del Piemonte, il che io reputo un argomento di vero progresso, benchè siano urgenti parecchie riforme». Che cos’era mai «questa brutta carrozza», il cui servizio, importato dalla Francia nei primi decenni del XIX secolo, aveva, però, abbreviato i tempi di comunicazione tra le città nel Piemonte? Ci soccorre nella definizione il carmagnolese Carena con il suo Vocabolario d’arti e mestieri del 1853, che lo dice una «pubblica vettura periodica» che «va più presto delle vetture ordinarie» perché fa «alcune cambiature di cavalli».

Il pensiero corre alla diligenza del Far west: il velocifero era simile, un cocchione tirato da quattro cavalli, dotato di sospensioni, che poteva trasportare numerose persone. Fermava alle stazioni postali, dove venivano cambiati i cavalli e i viaggiatori avevano un po’ di tempo per salire o scendere e ristorarsi. Altri mezzi a disposizione dei viaggiatori piemontesi erano le diligenze postali (più lente) e le corriere. Da Baruffi apprendiamo che Alba distava 24 miglia da Torino ed era servita da un velocifero periodico. Il normale tragitto era Alba-Bra-Sommariva del Bosco-Carignano-Torino e il biglietto costava, nel 1841, 6,70 lire (dal Calendario generale pe’ Regii Stati; partiva da Alba tre giorni la settimana, durante la bella stagione alle otto di sera, in inverno alle tre del mattino.

La sede della vettura (ufficio di corrispondenza) in Torino era nella contrada Porta nuova sotto l’insegna dell’albergo del Moretto, mentre ad Alba la fermata era al Vascello d’oro, detto l’albergo del trotto; in Bra era in contrada Nuova, al caffè Piovano. Secondo la regola, ogni «viaggiatore può portar seco 10 kil. di bagaglio gratis: pel soprappiù pagherà come per le merci», ma sappiamo, da una Gazzetta del popolo del 1848 – era già iniziata la prima guerra d’indipendenza – che il concessionario del velocifero d’Alba, «volendo per quanto può concorrere a sollievo dei nostri soldati, si offre di far trasportare gratis ogni loro bagaglio e utensili militari per mezzo del velocifero fra Alba e Torino e viceversa».

Al viaggiatore spesso erano riservate brutte sorprese, come nel caso descritto in un racconto umoristico di Luigi Rocca (1856), in cui uno sprovveduto studente viene «ammaliato da una cappelaja di Pinerolo» incontrata sul coupè del velocifero, e lasciato in farsetto, dopo essere stato derubato dei soldi e dei salami che portava con sé. E spesso succedevano fatti ben più drammatici. Lo stesso Baruffi ricorda di aver appreso dal vetturale, passando sulla strada da Bra a Savigliano (bosco del Mamau) di una recente grassazione rapina a mano armata, ai danni di due mercanti di vino a opera di masnadieri che provenivano da località vicine e ben conosciuti; il prete monregalese si stupiva di come ancora nel 1842 le strade nel cuore del Piemonte fossero così insicure. Altri tempi.

Nel numero 46 di Gazzetta d’Alba, le atmosfere dei viaggi in velocifero rievocate anche attraverso le testimonianze di Angelo Brofferio.

Luciano Cordero

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