Scopriamo l’origine di Strì. Una sillaba che descrive qualcosa di disgustoso

Paolo Tibaldi ci racconta aneddoti le

ABITARE IL PIEMONTESE

Strì: schifo, disgusto, senso di ripugnanza e repulsione, nausea.

Certamente, non è una delle parole più raffinate da trovare aprendo Gazzetta d’Alba, ma prima o dopo tenevo a proporla: strì. Una semplice sillaba che descrive qualcosa di ripugnante e disgustoso.

Bèica ëd nen fé tanti strì! (Vedi di non essere troppo sofisticato!) è una esclamazione ricorrente quando si invita qualche smorfioso/a ad essere un po’ più terra-terra.

Succede di sentire adulti ed anziani che, per andare dal medico, a messa, ad uno spettacolo teatrale, o comunque in luoghi di aggregazione, si raccomandano così: pìjte na caramela lemonsalvia, casomai te mnìissa strì (prendi una caramella al gusto limone e salvia, nel caso ti venisse schifo). E bene, quello strì, può significare acidità di stomaco, nausea, desiderio di rinfrescare l’alito oppure gusto sgradevole alla bocca causato da una digestione un po’ tormentata o da un piatto più pesante del solito.

Un giorno ero con Oscar Barile, tra l’altro autore di una commedia intitolata “Strì”; ci stavamo avviando per andare a vedere una rappresentazione teatrale che sapevamo già, per qualche motivo, non essere delle più interessanti. E bene, appena saliti in macchina, eccolo a porgermi una lemonsalvia “…casomai te mnìjsa strì”. Arriviamo al teatro, ci sediamo tra il pubblico e comincia quello spettacolo che, ahinoi, stava rispettando le nostre aspettative; ad un certo momento comincio a scartare la caramella e, senza aver proferito parola, ci perdiamo in una risata complice e contagiosa che ci ricorda quale tipo di strì ci ha costretti a mangiarla. Uno strì un po’ più metaforico.

Qualche settimana fa, ascoltando il saggio Silvio Saffirio, mi è stata fatta notare una parola piemontese che, come abbiamo già visto per alcune altre, pare avere origini arabe. Infatti, quando dobbiamo qualificare un cibo o una persona che non ci piace, diciamo gràm (cattivo). Allo stesso modo, nell’arabo attuale e in quello antico vi è un modo decisamente assonante che descrive qualcosa di illecito e/o peccaminoso. Questa parola si pronuncia haram. Inevitabile trovare una relazione comparativa tra le due parole che riconducono al conseguente ed assoluto strì. E peggio di strì, c’è soltanto scheuȓ.

Paolo Tibaldi

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