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Armanàch: un termine piemontese con origini molto antiche

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ABITARE IL PIEMONTESE

Armanàch: Calendario, almanacco – persona lunatica, metereopatica

Anno nuovo…vita nuova? Chi sa! Questa prima settimana annuale, dunque, la apriamo insieme al calendario, ovverosia, all’armanàch (o almanàch). Uno degli oggetti più antichi, ancestrali, classici e analogici, ma allo stesso tempo più contemporanei e al passo con i tempi che mai. Esiste qualcosa di più antico?

Armanàch pare che arrivi dall’arabo al-manākh (lunario, calendario); più precisamente il vocabolo è giunto ai giorni nostri partendo dagli Arabi di Spagna, presso i quali al-manākh designava tavole astronomiche che davano modo di determinare il giorno della settimana, di trasformare una data qualsiasi di un’èra, nella corrispondente di un’altra èra, di determinare per un giorno qualsiasi la posizione media del sole, della luna, dei pianeti.

In quale casa, infatti, non abbiamo ancora questo oggetto così “popolare” e utile ad annotarsi impegni, visite, scadenze ecc… Ogni armanàch, oltre ad eseguire il suo compito di scansione temporale, ha le proprie caratteristiche: da quelli che ogni mese riportano fotografie tematiche, ad altri che rimarcano le ricorrenze religiose; da quelli che nascono come gadgets aziendali, a quelli che “parlano” di meteo e fasi lunari, utili soprattutto a chi lavora e vive in simbiosi con la natura.

All’infuori dell’uso popolare, almanacco venne anche applicato ai libri in uso di astronomi e naviganti, i quali per un unico anno riportano il calendario, appunto e le tavole astronomiche indicanti la posizione degli astri, giorno per giorno, oltre ai vari fenomeni celesti annuali: eclissi, occultazioni di stelle per opera dei pianeti, transiti satellitari, zodiaco. Un lavoro, certo di precisione, ma di gran meraviglia, specie per i più piccolini.

Sarà, dunque, pur per questa ragione che quando qualcuno fantastica, si coniuga il verbo piemontese armanaché (fantasticare, fare castelli di carta). Oppure, peggio, quando c’è odore di lezione a suon di schiaffi e si rimane su dimensioni molto più tangibili, tanto è vero che si ammonisce con la frase: l’armanàch o marca patele (il calendario segna sberle).

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