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In Folli e folletti Simona Colonna canta realtà e fantasia

La musicista Simona Colonna.

INTERVISTA Il nuovo album della cantautrice roerina è uscito il 15 gennaio
Si parte da un uomo rinchiuso tra le mura di un manicomio, la cui mente riesce a evadere grazie ai canti e ai balli di una creatura fantastica, e poco dopo si arriva nella piazza di un piccolo paese del Roero, animata dai colori e dai profumi del mercato delle fragole, che oggi non esiste più. Ma ci sono anche il continuo spostarsi di un re errante e una bicicletta partigiana, che racconta la storia di quelle generazioni che hanno fatto la Resistenza. Senza dimenticare un ragazzo parecchio timido, che dovrebbe trovare il coraggio di invitare a ballare quella giovane che gli piace tanto. Sono alcuni dei personaggi del nuovo disco di Simona Colonna, in uscita il 15 gennaio: Folli e folletti, prodotto da Mrm records e distribuito da Ird.

In quindici tracce, sei in piemontese e nove in italiano, la musicista originaria di Baldissero canta la realtà e la fantasia, attraverso epoche, storie e volti sempre diversi. E lo fa con le note del violoncello, che è per lei molto di più di un semplice strumento di accompagnamento, tanto da diventare il protagonista di un vero viaggio musicale.

In Folli e folletti Simona Colonna canta realtà e fantasia

Simona, com’è nato questo nuovo lavoro?
«Si tratta del mio quarto disco e rappresenta per me il culmine di un percorso iniziato nel 2010, quando ho cominciato a esibirmi soltanto con la voce e il violoncello, e al contempo ho dato vita al mio repertorio in piemontese. Da allora a oggi, ho continuato a scrivere sia in dialetto che in italiano, come testimoniano le quindici tracce di Folli e folletti. Alcuni sono inediti, altri sono già stati proposti nei miei precedenti lavori ma rivisti per l’occasione: di tutti ho scritto sia la musica che i testi. A unire le storie è il viaggio di Chisciotte, il mio violoncello, che per incontrare la sua Dulcinea, che altri non è che la sottoscritta, si imbatte in molti personaggi. Le fonti d’ispirazione sono molteplici: dal mio Roero alle testimonianze di autori che hanno vissuto la terribile esperienza del manicomio, dalle quali nasce il brano che dà il titolo al disco. Ma c’è anche l’attualità, con una traccia dedicata alle tragedie in mare dei migranti, e non può di certo mancare l’amore».

Il piemontese è diventato il suo tratto distintivo: quanto è difficile portare avanti questa scelta espressiva?
«Si tratta senz’altro di un genere di nicchia, ma sono sempre più convinta della mia scelta: il piemontese è una lingua musicale, con parole dal suono molto dolce. Senza dimenticare i tanti modi di dire intraducibili in italiano e il fatto che molto spesso traggo ispirazione proprio dalla mia terra: in altre parole, certi miei brani non possono che esistere in piemontese. E poi, quando si ascolta una canzone, sono le vibrazioni sonore ad arrivare per prime agli ascoltatori, e soltanto in un secondo momento ci si concentra sulla lingua. Basti pensare che l’anno scorso ho proposto alcuni miei brani in piemontese a Washington, accolti con entusiasmo dal pubblico americano».

Nell’Albese, quando verrà presentato il disco?
«La presentazione ufficiale è in programma per giovedì 25 gennaio, alle 21, nell’auditorium della fondazione Ferrero. Durante la serata, verrà allestita una mostra di opere di Giancarlo Giordano, autore dell’illustrazione scelta come copertina, e di Marina Pepino, docente del liceo artistico Pinot Gallizio, anche lei presente nel libricino allegato a Folli e folletti con le immagini di alcune sue sculture. Con entrambi è nata una forte intesa artistica e la volontà di dare vita a un progetto condiviso: i ricavati della serata, a offerta libera, serviranno a istituire una borsa di studio per gli studenti del liceo albese».

Francesca Pinaffo

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