Thok, la bicicletta che parla albese, raccontata da Livio Suppo

Thok, la bicicletta che parla albese, raccontata da Livio Suppo 1

ALBA Dal Paddock agli uffici della Tcn/Bianco, sede di Thok, la Ferrari delle biciclette a pedalata assistita, come è stata definita dai giornali di settore. Livio Suppo lascia il motomondiale dopo 22 anni e in quello che definisce un “anno sabbatico” si mette al servizio, come consulente, di “una squadra di amici”, guidata dall’imprenditore artefice del rilancio di corso Asti Giuseppe Bernocco, del socio Sebastiano Astegiano e di Stefano Migliorini, uno dei più forti atleti di Mountain bike Italiani degli anni novanta. Lo abbiamo incontrato nel terzo piano del “Palazzo di vetro”, quartier generale della Thok.

Suppo partiamo dal nome, vero che Thok, nonostante sia stata inglesizzata è una parola piemontesissima?

Confermo, l’idea era quella di dare alla nuova bici un nome che ne richiamasse le origini piemontesi, Bernocco pensò a Gràm, cattivo, ma era troppo simile a un marchio già esistente nel settore. Un giorno guardando il primo telaio della bici disse “E’ propi an bell tocc”, un bel pezzo, il nome era trovato.

Quanto è stata importante la piemontesità nella sua carriera?

Direi molto, sono nato a Torino, i miei nonni materni avevano una cascina tra Calosso e Santo Stefano Belbo dove trascorrevo i mesi estivi. Nelle Langhe ho imparato ad andare in bici, prima e in moto, poi. Le mie origini piemontesi mi hanno aiutato a non perdere valori come l’umiltà e la cultura per il lavoro, elementi molto importanti in un mondo in cui è facile perdere contatto con la realtà.

Ripercorriamo le tappe principali di una carriera culminata con 5 titoli piloti e 6 mondiali costruttori dal 2011 al 2017, alla guida della Hrc.

La prima volta in cui sono salito su una moto avevo 11 anni. Ho iniziato presto a correre a buoni livelli. Dopo essermi laureato in economia a Torino, ho iniziato a lavorare nel marketing e comunicazione alla Ferrero, negli uffici di Pino Torinese, sono poi passato all’Alpitour e nel 1994 alla Benetton per occuparmi del marchio Nordica. L’azienda veneta si stava avvicinando al mondo delle corse e realizzava l’abbigliamento per l’Hrc l’Honda racing. Tra il 1996 e il 1997 la Benetton iscrisse un team nella classe 250 ed entrai ufficialmente nel circo del motomondiale.

Di qui l’approdo in Ducati

Nel 1998 scoprii un grande talento nel quindicenne Marco Melandri, ma con la Benetton c’erano già differenze di vedute e per questo ho accettato l’offerta che mi arrivava dalla Ducati. Lo storico marchio di Borgo Panigale, punto di riferimento nella Superbike stava ragionando sull’opportunità di entrare nella nascente Moto Gp con moto a quattro tempi. L’ingresso ufficiale è avvenuto dalla stagione 2003.

Quattro anni dopo, nel 2007, la vittoria del primo titolo con Casey Stoner, cosa ricorda?

Questa rimarrà la vittoria più bella. La Ducati al cospetto di Honda e Yamaha era Davide contro Golia, una piccola casa in Emilia contro i colossi giapponesi. Non potrò mai dimenticare quelle emozioni, ne sono seguite molte altre, ma quelle del 2007 rimarranno irripetibili.

Quel trionfo le aprì le porte del più importante team del Mondo: la Hrc.

Ci arrivai nel 2009, la Hrc era una sorta di mito e io diventai il primo team principal europeo nella storia della Honda Racing.

Diventò anche il più vincente

L’Hrc arrivava da stagioni difficili con un solo titolo nei dieci anni precedenti. Nel 2011 andammo a segno ancora con Casey Stoner e quattro volte negli ultimi cinque anni con Marc Marquez.

Cosa l’ha portata a dire “Basta” al motomondiale pochi giorni dopo aver vinto l’ennesimo mondiale?

Dopo 22 anni avevo bisogno di fare qualcosa di nuovo nella vita, non volevo invecchiare nel Paddock. A tanti appassionati delle moto quello di “Team principal” (direttore generale) di una scuderia di Moto Gp può sembrare il lavoro più bello del Mondo e per molti versi lo è, ma alla fine ci si abitua anche a quello. Ai primi test in Giappone a gennaio, ai test ufficiali a Sepang a inizio febbraio. A marzo la prima gara e poi tre gran premi in tre fine settimana di agosto, quando la gente “normale” va in ferie con la propria famiglia. Sentivo di voler cambiare vita e costruire qualcosa di mio.

Qualcosa come Thok?

Esatto, ho conosciuto Pinuccio (Giuseppe Bernocco nda) nel 2016 e da subito ho apprezzato il suo coraggio imprenditoriale e la sua concretezza e ho deciso di mettere a disposizione la mia esperienza internazionale a favore di un progetto in cui credo per far crescere questo marchio tutto piemontese.

Quanto vale oggi il mercato delle biciclette a pedalata assistita?

Si tratta di un mercato in forte crescita che vale oggi 1,6 milioni di esemplari venduti ogni anno in Europa. Secondo Bosch fra dieci anni le biciclette elettriche rappresenteranno il 50% dell’intero mercato delle bici che in Europa è pari a 20 milioni pezzi venduti. In Italia i marchi più importanti sono Thok e Fantic.

Thok quindi punta ad un mercato di massa?

No, l’obiettivo è di crescere e di vendere nel 2018 mille biciclette rimanendo un prodotto di nicchia per appassionati. Ho letto che Thok è stata definita la Ferrari delle bici, penso che un paragone più azzeccato si possa trovare tra le moto nella Beta, azienda italiana che è riuscita a ritagliarsi un ruolo di primo piano nelle moto da trial puntando sulla qualità e non sulla quantità. Thok sta facendo un grande rumore, basta dire che la Mig è stata votata dagli esperti del settore come la migliore bicicletta tra 96 modelli sul mercato. Nel frattempo sono nate pagine di appassionati su Facebook e sono stati realizzati centinaia di servizi giornalistici in tutto il Mondo.

Quali strategie avete adottato per farvi apprezzare in così poco tempo?

Abbiamo puntato sull’italianità: ad Alba le biciclette sono state studiate e progettate per essere prodotte a Taiwan, dove vengono realizzate quasi tutte le biciclette a pedalata assistita, e tornare ad Alba dove le Thok vengono assemblate e testate. Abbiamo puntato sull’accessibilità mettendo in vendita le biciclette online e in punti vendita selezionati e sulla chiarezza con due modelli a prezzo fisso: la Mig a 4.150 euro e la Mig R a 5.250 euro, prezzi assolutamente competitivi, vista la qualità che garantisce il marchio Thok.

Dove possono provare le Thok gli albesi?

Nel punto vendita Bike-E di corso Piave ad Alba.

Anche Livio Suppo sarà possibile trovarlo ad Alba?

Sì, il 2018 lo dedicherò a me stesso, alla mia famiglia e a questo progetto in cui mi ha coinvolto un gruppo di amici, in seguito si vedrà ma sono felice di aver fatto questa scelta e voglio fare il mio meglio per portare Thok nel Mondo.

Marcello Pasquero

Livio Suppo, una vita al massimo

Livio Suppo, classe 1964, si laurea nella sua città, Torino in economia, nel 1989 con la tesi «Caso scuola di una carriera “impossibile”. Per lui si aprono le porte della Ferrero, della Alpitour e della Benetton dove Livio mette a disposizione dell’azienda trevigiana la passione per le due ruote, nata in tenera età. Tra il 1996 e il 1997 la Benetton iscrive un team nella classe 250. Suppo scopre Marco Melandri, ma la differenza di vedute con i Benetton lo porta alla Ducati Corse.

Nella casa di Borgo Panigale Suppo approda alla Moto Gp e vince il primo mondiale, inatteso e bellissimo con Casey Stoner, con la piccola Ducati che si impone nel 2007 sopra i colossi Honda e Yamaha. Proprio la Honda lo cerca per rilanciare la divisione Racing in crisi da un decennio. E’ subito trionfo con cinque titoli complessivi di cui quattro negli ultimi cinque anni con in sella Marc Marquez. Alla fine della stagione 2017 la decisione di regalarsi una nuova vita sposando il progetto Thok e dedicando più tempo alla moglie e alla figlia.

m.p.

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