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I disegni di Long, un sudafricano in Langa nel 1944

I disegni di Long, un sudafricano in Langa nel 1944 1

STORIA E ARTE «Ho scoperto che la vita con loro significava camminare molto. Ci sembrava di camminare continuamente. La tua sicurezza dai tedeschi dipendeva dal non stare in un posto troppo a lungo»: così parlò della lotta partigiana sulle colline del basso Piemonte il capitano sudafricano Geoffrey Long, durante un’intervista rilasciata alla Bbc subito dopo il suo rientro a Londra.

Nato nel 1916 e morto nel 1961, venne reclutato dagli alti comandi militari britannici tra i cosiddetti artisti di guerra, il cui compito era rappresentare in bozzetti la situazione bellica nel territorio nemico. Così, nell’agosto del 1944, Long venne paracaduto non lontano da Dogliani, insieme al corrispondente di guerra Paul Morton e al capitano Michael Lees, ufficiale britannico dello Special operations executive (Soe).

Da quel momento, i tre passarono sei settimane con diversi gruppi di partigiani, garibaldini e badogliani. Risale a questo periodo una serie di trenta disegni realizzati da Long, che sono ora esposti al centro studi Beppe Fenoglio, in collaborazione con la sezione albese dell’Anpi. La vicenda è stata ricostruita da Lorenza Balbo – figlia di Piero “Poli”, comandante della seconda divisione Langhe – che ha contattato il National museum of military history sudafricano e ha ottenuto la scansione delle opere: «Ho seguito le tracce dell’artista a partire dalle missioni del Soe, documentate negli archivi nazionali di Londra. Long e gli altri agenti avevano il compito di affiancare il maggiore britannico Temple, al secolo Neville Darewski, che era già operativo nelle Langhe nell’ambito della missione Flap: l’obiettivo era quello di stabilire un contatto con il Cln di Torino, allacciare relazioni con i comandi partigiani, coordinare lanci di materiali e di uomini, e soprattutto realizzare un campo di aviazione per l’infiltrazione e la fuga di agenti segreti, ufficiali ed ex prigionieri di guerra».

Long ritrasse i volti e scene di vita dei partigiani

In particolare, il ruolo di Long era duplice: «I bozzetti servivano a identificare i capi partigiani, conosciuti solo per il loro nome di battaglia, ma anche a portare agli alti comandi una testimonianza diretta dei combattimenti e della situazione. Il capitano sudafricano era un ottimo fotografo di guerra, ma le condizioni della missione gli impedirono di ricorrere alla macchina fotografica e così documentò il tutto con carta e matita».

Per un errore di percorso, tra i disegni sono riconoscibili molti partigiani garibaldini della zona di Ceva, come spiega Balbo: «La missione di Long avrebbe dovuto limitarsi a operare nei territori di Enrico Martini, il comandante Mauri del Primo gruppo divisioni alpine. I garibaldini intercettarono i messaggi in codice e, convinti di trovarsi di fronte a un lancio di viveri e di non di uomini, realizzarono una zona di lancio fittizia, dove atterrarono i tre agenti. Dal momento dell’atterraggio, Long documentò le varie tappe del suo viaggio, fino a quando raggiunse il gruppo di Mauri».

I disegni di Long, un sudafricano in Langa nel 1944

I disegni parlano da sé: dall’immagine di diversi partigiani che si riposano in un bosco d’estate a quella di un altro gruppo intento a trasportare un compagno ferito dopo uno scontro armato con i tedeschi, dalla preparazione di un’imboscata sotto la direzione del capitano Lees ad alcuni garibaldini sotto il fuoco mortale delle truppe fasciste, non lontano da Murazzano.

Nella stessa intervista alla Bbc, Geoffrey Long così definisce i partigiani e la loro dimensione: «Un mondo completamente diverso, un mondo con poca organizzazione, dove i valori sono parecchio essenziali, il denaro non conta e il domani non è importante. Ma c’è speranza, un’indefinibile bellezza nella natura umana e il credere che ritorneranno a vivere nel loro Paese, a una condizione: che non rimanga nessun nemico».

Francesca Pinaffo

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