Portare il pane di vita nel deserto delle nostre città

UN PENSIERO PER LA DOMENICA – 3 GIUGNO – CORPUS DOMINI

Chi ha fede deve manifestarla nella vita, con gesti coerenti, d’amore e di giustizia. Le parole di Gesù sono state molto chiare: «Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Una volta all’anno però, in occasione della processione del Corpus Domini, ogni comunità credente, piccola o grande, è invitata a scendere in strada e a dire-mostrare al mondo la propria fede, cercando di spiegare chi è il Dio in cui crede e dove abita.

Un Dio nascosto, che vive in mezzo alla gente. Tutte le religioni hanno sempre cercato qualche segno di Dio e della sua presenza. Il paradosso cristiano è che il segno di Dio non è una statua, preziosa per il suo valore artistico o per il materiale di cui è fatta, ma un pezzo di pane. È il segno scelto dallo stesso Gesù nell’ultima cena, come leggiamo nel Vangelo (Mc 14,12-26). Un pezzo di questo pane, consacrato nella Messa viene portato per le strade, in mezzo alle case: i luoghi più frequentati da Gesù. Qui egli ha vissuto e operato negli anni della sua vita pubblica, anche perché, essendo un laico, non poteva nemmeno entrare nella parte interna del tempio, riservata ai sacerdoti.

Questo pane è il segno del dono più grande che Gesù ci ha fatto: il dono della sua vita. La sua morte in croce è stata presto letta dalla comunità primitiva come segno della nuova alleanza tra Dio e gli uomini. Gesù è apparso come il vero “servo di Jhwh” cantato da Isaia, come il “martire” per eccellenza. Nella lettera agli Ebrei (9,11-15), leggiamo che Gesù ha offerto a Dio non il sangue di un animale, ma il proprio. Grazie a lui si realizza la nuova alleanza, il germe di un’umanità nuova. Questa ha come simbolo un’unica mensa, intorno alla quale siamo invitati a sedere per spezzare il pane e condividerlo, vivendo da fratelli.

Camminare per la strada dietro il pane consacrato ha un altro significato simbolico formidabile. È un rivivere l’esperienza quarantennale del popolo di Israele nel deserto, sotto la guida di Mosè (Es 24,3-8): «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Così è re-iniziata la storia della salvezza, dopo il periodo di schiavitù in Egitto e i momenti di crisi nel deserto. Come gli Israeliti, anche noi, minoranza di credenti nel deserto delle nostre città, abbiamo bisogno di ripartire e necessitiamo di un gesto che mostri quanto la nostra fede sia ancora viva.

Lidia e Battista Galvagno

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