Il ragazzo che restò in silenzio

MIGRAZIONI In autobus da Ventimiglia a Limone – l’unico mezzo di trasporto pubblico, poiché il treno è fuori uso – vedo la Polizia francese che ferma ogni macchina. Controlla i bagagliai. Non cerca armi, droga o oggetti lesivi. Cerca uomini. Cerca migranti che tentano di passare dall’Italia alla Francia
e impedisce che gesti di solidarietà vengano eseguiti con successo.

Il ragazzo che restò in silenzio
Il ragazzo bloccato sul bus

Sul mio bus la Polizia sale, controlla a tutti i documenti. Un ragazzo africano mostra il suo passaporto. «No, non è valido», stabilisce l’agente. «Devi subito scendere dal bus».

Lui non replica affatto. Oppone il silenzio a un dispositivo infernale, che cancella di fatto un diritto identitario di base: quello di ricevere riparo. Un diritto che dovrebbe sussistere in virtù del semplice
fatto di appartenere alla categoria umana.

INCHIESTA: umanità dimenticata

Il ragazzo anonimo rimane in silenzio:  verrà spedito indietro.  La tristezza del suo viso non è quella di chi è stato respinto, ma di chi non è stato riconosciuto.

Matteo Viberti

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