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La gente di Collisioni nelle strade di Barolo

La gente di Collisioni nelle strade di Barolo
La piazza principale di Collisioni in occasione del concerto di Nek, Max Pezzali e Francesco Renga

REPORTAGE Il viaggio verso Barolo, con la navetta dalla stazione di Alba, inizia con Alessia e Michela di Monteu Roero. Motivo della trasferta? «Benji e Fede». Che domande. «Ci piacerebbe seguire anche Lorenzo Fragola», che per fortuna non è alla stessa ora. Sull’autobus siedono due amici: Francesca, di Alba, e Federico, da Genova: «Collisioni ha sempre un’atmosfera suggestiva e bellissima: è un mondo a parte, quasi surreale». Un esempio dell’ultima affermazione sembra materializzarsi in via Roma, a memoria meno affollata degli anni passati, quando Luca ci propone il giornale (di carta) Lotta comunista, convinto che la strada giusta sia ripartire dal contatto diretto con le persone: «Qui ci sono più operai e contadini di quanto si pensi». E il festival? «È molto partecipato. Sarebbe bello che ci fosse più interazione tra ospiti e pubblico». L’opinione di Alessandro, universitario di Ceresole che con l’amico Francesco è venuto ad ascoltare Patrick McGrath, è: «A me piace tantissimo. È da un anno che vivo a Firenze e rassegne così non ce ne sono».

Il riferimento è all’essenza stessa di Collisioni: in uno spazio piccolo, a poco tempo l’uno dall’altro o anche in contemporanea, l’intervista allo scrittore inglese si accavalla all’intervento dello chef Bruno Barbieri e a quelli di stelle della musica. Domenica c’erano tra gli altri Shel Shapiro, Ligabue, Francesca Michielin e Mannarino, che ha ricevuto il premio giovani. Ma sono gremiti anche gli incontri dedicati a temi ardui, come la presentazione di La verità sul processo Andreotti, il libro di Giancarlo Caselli, già procuratore della Repubblica a Palermo e Torino, e del suo collega Guido Lo Forte, che in quel procedimento sostenne l’accusa. Padiglione stracolmo anche per Vittorio Sgarbi, che discetta con la consueta competenza – grazie anche ad aneddoti gustosi, pur con qualche parola volgare – sull’arte e sul diritto alla creatività, da inserire nella Costituzione.

A pochi metri di distanza lo spazio è per l’arte circense di Mister David, al secolo Davide Dimasi «campione del mondo di street magic». Per un’ora riesce a tenere l’attenzione di un bel numero di visitatori: «Il segreto è proporre cose veloci, guardare le persone negli occhi e dare al pubblico uno spettacolo del quale esso si senta partecipe». Per la prima volta a Barolo, percepisce un «ambiente festoso e giovane, se non per l’età certo per lo spirito». Pochi passi e ci s’imbatte nei ballerini albesi di Swing juice, guidati da Laura in uno scatenato ritmo d’oltreoceano.

Tra le molte persone di Alba incontrate a Barolo c’è Gabriella, grande abbastanza da aver seguito il festival fin dagli esordi, dieci anni fa. «Vengo quasi sempre, mi sembra un’occasione di cui sia giusto approfittare. Certo l’obiettivo è un po’ cambiato dai tempi di Novello, però tanto di cappello agli organizzatori». Si avvicina l’ora del concerto di Caparezza e alle entrate di piazza Colbert c’è chi aspetta da un’ora e mezza per arrivare – di corsa – sotto il palco. Tra i ragazzi assiepati, avanguardia degli 8.500 che hanno comprato il biglietto per la serata, c’è chi si limita a definire «eclettico», il cantautore pugliese. Più articolati Filippo, di Moncalieri, e il suo chitarrista Vincenzo, da Monteu Roero, in procinto di fondare i Capatost, band tributo: «È un genio della musica e un paroliere straordinario, che non parla dei cliché ai quali siamo abituati ai giorni nostri». Lo spazio d’ora in poi è tutto per la musica.

Paolo Rastelli

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