Con le goliardate ci rimette tutto il paese

“Non sputare in cielo che in faccia ti torna”.  Il proverbio ben si adatta a una recente vicenda di cronaca.  All’inizio, di sapore razzista.  Uno dei tanti episodi di violenza contro immigrati e stranieri.  Una foga xenofoba alimentata da un clima di intolleranza.  E di caccia allo straniero.  O, peggio,“allo sporco negro”.  Il lancio di uova contro Daisy Osakue, atleta azzurra di origine sudafricana, s’è poi rivelata una “goliardata”.  Almeno, così hanno confessato i giovani autori del gesto demenziale.  Dando il via a una sorta di “rivalsa” dei negazionisti del razzismo.  Veri professionisti di manipolazione dei fatti.  Asserviti alla politica dei respingimenti e della chiusura dei porti agli immigrati.  Al grido di “Via i clandestini dal Paese” e “Prima gli italiani”.  In un’Italia arroccata su sé stessa, fortezza d’Europa, che non ha pietà di chi affoga in mare.  Donne e neonati inclusi.

Con le goliardate ci rimette tutto il paese

Nel coro delle voci non poteva mancare la sua.  Quella del ministro dell’interno. In perenne campagna elettorale.  Più leader di partito che ministro degli italiani.  “Chi lancia uova è un  cretino”, ha detto con ironia.  Minimizzando l’episodio di Daisy, che ha rischiato di compromettere la sua partecipazione agli Europei di atletica.  Peccato che la memoria l’abbia tradito.  Scivolone insolito per un politico scaltro.  Molto furbo.  Che sa parlare alla pancia della gente.  E fiuta, con cinismo, dove tira il vento.  Diciannove anni fa, durante un comizio a Milano,il vicepremier leghista lanciava uova contro Massimo D’Alema, primo ministro. E contro le forze dell’ordine.  Di cui oggi è alla guida.  Allora fu condannato a trenta giorni di carcere con la condizionale.  Oltraggio a pubblico ufficiale. Ora,dopo aver “sputato in cielo”, gli è “tornato in faccia”lo sbeffeggiamento sui social.

Un “momento di goliardia” è stata definito un altro grave episodio.  Giorni fa, a Pistoia, due tredicenni hanno sparato a salve contro un giovane africano, Buba Ceesay, 24 anni, ospite della parrocchia di Vicofaro.  “Bisogna riflettere su un certo tipo di messaggio, xenofobo e razzista che è passato”, ha detto il parroco don Massimo Biancalan, “coinvolgendo gli strati più popolari della società,  arrivando a condizionare le coscienze dei giovanissimi”.  E ha aggiunto: “I media  e la politica devono essere più responsabili; certamente le parole usate da Salvini in questi anni sono state gravi.  È stata data la stura a un cattivo sentimento, a tutti i livelli”.  Da parte sua, Buba Seaasay ha detto: “Quando mi insultano per le strade, neanche li guardo e tiro dritto.  Ma questa volta mi hanno sparato.  Una cosa folle, è troppo”.

Ma, nel governo, c’è chi non desiste.  E continua a negare l’evidenza.  Anzi, rovescia le carte. Suscitando sorpresa.  E vero sgomento.  Da non crederci.  Ilministro per la famiglia, il leghista Lorenzo Fontana, vuole abrogare la legge Mancino.  Non modificarla, o migliorarla.  Semplicemente cancellarla.  Difficile comprenderne le ragioni. O, forse, sì.  In tempi in cui si moltiplicano insulti e attacchi contro gli stranieri,è assurdo allentare la vigilanza. E tergiversare sulla condanna netta di ogni forma di xenofobia.  L’ideologia acceca.  È fuorviante.  Quella legge, approvata nel 1993, era nata per contrastarela propaganda, le discriminazioni e le violenze basate su motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi.  Una garanzia per tutti.  In una società civile e democratica.  Dopo gli orrori del nazifascismo.  E di fronte al pericolo delle estreme destre.  In crescita in tutta Europa.

L’attacco del ministro Fontana non è nuovo.  Buon sangue leghista non mente.  Nel 2014 la Lega Nord aveva proposto un referendum per abrogarla.  Ma a preoccupare, ancor più, è  la comunanza di intenti con Forza nuova, partito di estrema destra.  Che nel suo programmahaprevisto l’abolizione della legge Mancino.  Un via libera, quasi del tutto, all’incitazione alla violenza.  E alle nostalgie di regime.  Con l’ostentazione di adunate e simboli da sempre proibiti. E ora sdoganati. Non c’è più remora a nulla.

Come l’annuncio choc di Trenord contro gli zingari.  Un grido all’altoparlante,con espressioni inqualificabili.  Discriminatorie.  “I passeggeri sono pregati di non dare monete ai molestatori.  E nemmeno agli zingari: scendete alla prossima stazione, perché  avete rotto i cog…”. Parole indegne per chi ha responsabilità pubbliche.  Come un capotreno.  Sono altri i modi per garantire la sicurezza dei viaggiatori.  Nel rispetto delle leggi.  E della dignità delle persone.  Tutte. Ma c’è una solerzia davvero fastidiosa.  Per non dire sospetta.  Prima ancora dell’inchiesta di Trenord, il ministro dell’Interno s’è precipitato a dire, quasi a intimare:“Nessuna sanzione. Viaggiare sicuri è una priorità “.  Nel frattempo, chi ha denunciato il fatto, è  sommerso di insulti e minacce in Rete.  Frutto di un clima d’odio crescente nel Paese.

Don Antonio Sciortino
Don Antonio Sciortino

Il capo del Viminale, così attento alla legalità,è sordo invece alla richiesta del sindaco di Cerveteri, Alessio Pascucci.  Chesollecita lui e  la sindaca di Roma, Virginia Raggi, a sgomberare un immobile pubblico della capitale.  Dal2003 èoccupato abusivamente dai neofascisti di Casapound. E trasformato nella sede ufficiale del partito.  Non un modesto appartamento di periferia, ma diversi locali in pieno centro.  Con i prezzi di mercato più alti di Roma.  Nella lettera al ministro dell’Interno, Pascucci che è anche coordinatore del movimento di sindaci antifascisti, ha scritto: “Come sindaco io voglio essere tranquillo che il ministro dell’Interno intenda far rispettare la legge ovunque questa venga infranta.  Mi aspetto una risposta forte e decisa, come quelle date finora sui migranti o sui campi rom.  Sono certo che Salvini farà rispettare la legge anche ai neofascisti di Casapound”. Siamo in attesa di una prova di coerenza.  E di coraggio.

Il clima di intolleranza ha intaccato anche la memoria storica.  Non risparmiando  neppure Marcinelle.  Una delle più gravi tragedie del dopoguerra.  In quella miniera belga persero la vita, per un incendio, 262 minatori, di cui 136 nostri connazionali.  Italiani emigrati all’estero in cerca di un futuro migliore.  Per sé stessi e le proprie famiglie.  Come tanti nostri padri e nonni.  Di ogni regione d’Italia.  “Siamo stati una nazione di migranti”, ha detto nella commemorazione il ministro degli Esteri, Moavero Milanesi.  “Siamo andati stranieri nel mondo cercando lavoro.  Bisogna ricordarlo quando vediamo arrivare in Europa migranti della nostra travagliata epoca”. Tanto è bastato per scatenare aspre polemiche.  A dismisura. Un tiro al bersaglio contro il ministro Moavero, colpevole d’aver ricordato la storia.  E il 62. mo anniversario di Marcinelle. Una tragedia dell’immigrazione.  “Paragoni impropri e offensivi”, hanno inveito in tanti. Dalla Lega gli hanno fatto sapere che “paragonare gli italiani che sono emigrati nel mondo, a cui nessunoregalava niente né pagava pranzi e cene in albergo, ai clandestini che arrivanooggi in Italia è poco rispettoso della verità,  della storia e del buon senso”.

Ma la storia non si cancella.  Noi italiani siamo stati “stranieri” e clandestini all’estero.  Vissuti nelle baracche e trattati da delinquenti.  Così scriveva dei nostri connazionali, nel 1912, l’Ispettorato Usa per l’immigrazione: “Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura.  Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.  Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città  dove vivono, vicini gli uni gli altri… Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti… I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali”.  Abbiamo memoria corta.  E dimenticato, troppo presto, il passato.  Facendo patire agli immigrati quel che gli italiani hanno sofferto all’estero.

Ancor peggio, poi,è negare la scienza.  Volerla cancellare.  O sottomettere.  “La politica viene prima della scienza”, ha detto Davide Barillari, consigliere  5 stelle della Regione Lazio.  “La scienza deve essere democratica e quindi deve ascoltare tutti”. Oscurantismo fuori tempo.  Chiacchiere da bar contro il rigore scientifico.  Per fortuna, è stato sconfessato dal Movimento.  Non poteva essere altrimenti.  Ma sui vaccini regna sovrana la confusione.  Oltre all’incompetenza. Un quadro  inquietante per la salute dei cittadini.  Tutto per distinguersi dal passato.  Né basta,a calmare gli animi, rinviare di un anno l’obbligo di vaccino.  Un “obbligo flessibile”, ha detto il ministro della Salute Giulia Grillo. Davvero un “non senso”.  Al limite del ridicolo.  Linguaggio da Prima Repubblica.  Alla stessa stregua delle “parallele convergenti”.  E questo sarebbe il nuovo che avanza!

Nel frattempo, medici e scienziati di chiara fama, favorevoli al vaccino, sono pesantemente presi di mira.  Con minacce di morte. Al famoso biologo Roberto Burioni, in prima linea contro le bufale sui vaccini, non gli hanno risparmiato nulla.  Dall’accusa  di prendere soldi dalle case farmaceutiche,  all’augurio da parte di una mamma di affogare in mare.  Fino al posterin cui lo si vedeimbavagliato, con dietro la bandiera delle Brigate Rosse.  Per fare la stessa fine di Aldo Moro.  Ma l’infettivologo Matteo Bassetti, anch’egli sotto tiro, è stato esplicito: “Accontentare i no-vax significa fare male a tutti i nostri figli e alla società intera”.

Lo stesso male che il Paese sta subendo da una politica inconcludente.  Con una grave perdita di credibilità nel mondo. Non si vive di proclami e propaganda.  Tanto meno di sola euforia per la conquista del potere.  Prendendoci ora gusto.  Il Paese va governato.  Con saggezza e moderazione.  E con un presidente del Consiglio che, davvero,conti.  E non sia soltanto una bella figurina, in balia dei Dioscuri. La politica del rinvio (“vedremo”, “valuteremo”…), ha corto respiro. E fa grandi danni.  Genera instabilità e confusione.  Così è avvenuto per l’Ilva e la Tav.  Ma anche per la presidenza della Rai.  L’incompetenza al governo è capace di tutto.  La schizofrenia politica nuoce al Paese.  Come l’indecisione.  E le inopportune dichiarazioni sueuro ed Europa.  Il collante che tiene assieme Lega e 5Stelle segna le prime crepe.  Sempre più vistose.  Né basta il “contratto” a salvaguardarli. Il futuro prossimo, per l’Italia, non è roseo.  In autunno cadono le foglie. Al varo della legge di stabilitac’è  da temere per la tenuta del governo.  La luna di miele è in fase di esaurimento.

 

Antonio Sciortino già direttore di Famiglia Cristiana e attualmente direttore di Vita Pastorale

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