In un Paese devastato da terremoto e tsunami, l’unico sistema di collegamento funzionante del dopo-sisma è stato Internet. Sonia, studentessa albese che un paio d’anni fa ha trascorso alcuni mesi in Giappone per studiarne la lingua, ha amici che vivono e lavorano laggiù.
«Quando ho sentito la notizia del terremoto, con epicentro vicino a Sendai, mi sono subito collegata a Facebook, sperando di avere notizie di un amico che lavora laggiù. Per fortuna, con un breve messaggio, non ha tardato a rassicurarci. Già da qualche giorno ci aveva comunicato di come laggiù la terra tremasse più del solito. I giapponesi sono abituati a convivere con i movimenti sismici e sono educati sin da piccoli a un corretto comportamento di reazione durante e dopo i terremoti.
L’architettura stessa delle città è organizzata in modo da essere il più funzionale possibile in caso di calamità; cavi e fili di collegamento si intrecciano completamente a vista lungo le strade, consentendo ai tecnici di poter individuare eventuali malfunzionamenti nel modo più rapido possibile».
Pur essendo a 300 km di distanza dall’epicentro, anche la capitale del Paese ha subito severi danni. «Purtroppo è così. Un altro amico che lavora in un’Università di Tokyo, al momento del sisma era al decimo piano di un edificio e ha sentito paurosamente le scosse. Quando è riuscito a raggiungere le strade, le linee ferroviarie e metropolitane erano state bloccate e ha dovuto camminare per quattro ore fino a raggiungere la casa di un amico, dalla quale ha contattato parenti e amici».
a.r.