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Applausi a Giorgio Napolitano, Roberto Cota sfigura

Giorgio Napolitano e TorinoNon sembra nazionalismo né patriottismo. Pare più una “riscoperta” di quel fondamentale legame tra gente che abita lo stesso cortile. Legame accantonato, omesso, bistrattato, perché occupati a soppesare le differenze piuttosto che le somiglianze. La festa per i 150 anni dell’unità d’Italia è servita a rammentare che la fibra dell’identità nazionale è mai sparita. Ce n’era bisogno. L’ha detto Torino. Suggestivo, per la prima Capitale, sempre considerata algida e composta.

«Se fossimo rimasticome nel 1860, divisi in otto Stati senza libertà e sotto il dominio straniero, saremmo stati spazzati via dalla storia». Lo ha assicurato il 17 marzo in Parlamento Giorgio Napolitano. Il giorno successivo il Presidente era a Torino e, di fronte alla platea, ha elogiato i piemontesi. E, poi: «Credo che tutti, da qualsiasi parte del Paese, abbiamo avvertito qualcosa di importante: uno scatto di sentimento nazionale».

Un intervento ispirato, quello del Capo dello Stato, quasi a coprire la “figuraccia” del Presidente della Regione. Il governatore Roberto Cota dal palco del Regio ha affermato: «Queste cerimonie possono avere un autentico significato se non vengono utilizzate per fare polemica, strumentalizzando simboli in un’assurda corsa a chi è più presente». Si sono levati fischi e contestazioni dal pubblico. Il Governatore si è scagliato contro chi utilizza l’unità per fare polemica, ma lo ha fatto durante la festa e formulando, a sua volta, una polemica.

Bruno FerreroDel resto, alle celebrazioni per l’unità in Parlamento molti esponenti della Lega nord non c’erano. C’era Umberto Bossi, c’erano Roberto Maroni e Roberto Calderoli. E hanno abdicato ai festeggiamenti langaroli pure il consigliere albese del Carroccio Bruno Ferrero (nella foto) e il segretario cittadino del partito Paolo Spolaore. «Una pura coincidenza, dovuta a impegni personali», stando a quest’ultimo. «A Roma gli esponenti della Lega avrebbero potuto partecipare, è vero, ma la presenza di Maroni, Bossi e Calderoli ha avuto un forte significato».

 

 

m.v

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