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Incubo nucleare

Con ogni probabilità, il 12 giugno si deciderà il futuro energetico del Paese. Lo ha annunciato il ministro dell’interno Roberto Maroni, sollevando un vespaio sui costi. Il primo turno delle elezioni amministrative si terrà il 15 e 16 maggio, i referendum sul legittimo impedimento, sulla privatizzazione dell’acqua e sul nucleare tra il 12 e il 13 giugno.

Intanto, riprendendo i piani del Governo, si riparla del sito di stoccaggio per il materiale radioattivo (Gazzetta ne ha trattato a settembre, spiegando che l’area considerata è di larga massima, ma includerebbe l’albese). Non hanno dubbi il sindaco Maurizio Marello e l’assessore Massimo Scavino: «Ci sembra ridicola l’idea di scegliere un territorio protetto dall’Unesco. Se la notizia si dimostrasse veritiera, ci opporremo. Anche fisicamente. Il nucleare è costoso, pericoloso (manca la possibilità di stoccare adeguatamente le scorie), richiede tecnologie di cui non disponiamo ed è sostituibile con fonti alternative».

Pure Fossano è nel vortice: il territorio cittadino pare perfetto per ospitare una centrale nucleare, direbbero i piani programmatici ministeriali. Il sindaco Francesco Balocco replica senza mezzi termini: «La risposta è negativa. L’opzione nucleare rappresenterebbe forse qualche chilowatt gratis estorto all’Enel, ma significherebbe la distruzione delle possibilità di sviluppo che il territorio si è dato, perlomeno da dopo il boom industriale. In altri termini, significherebbe mettere in profonda crisi il tessuto sociale, economico e produttivo».

Ma l’interruttore “concreto”, che fa risorgere l’incubo del nucleare sul territorio sabaudo (oltre alle parole di Maroni) è un altro. Si tratta di una storia che inizia con un treno carico di 13 tonnellate di scorie radioattive, un treno che lo scorso 7 febbraio parte da Saluggia (vicino a Vercelli) per dirigersi in Francia, a La Hague. Prima, però, deve attraversare alcune zone a elevata densità demografica (tra cui la Val di Susa e altre aree limitrofe all’albese). Dopo essere state trattate in Francia, le scorie torneranno in Italia: destinazione ignota. Il giorno del passaggio del convoglio alcuni residenti decidono di opporsi, di manifestare sgomento di fronte a un’operazione giudicata pericolosa e simbolo di un progetto inadeguato. L’evento ha strascichi pesanti, e riesuma il tema del futuro energetico, soprattutto a livello regionale.

In Piemonte è aperta la questione del deposito del vercellese. Qui sono depositate più dell’80 per cento delle scorie nucleari presenti su territorio nazionale. Quali effetti potrebbe causare, a lungo termine, l’esposizione costante della cittadinanza al materiale radioattivo? Le ricerche affidabili sono difficili da recuperare, le argomentazioni delle parti politiche cozzano inesorabilmente. Altri interrogativi sorgono spontanei: perché predisporre l’accumulo delle scorie sul suolo piemontese invece di scegliere una più equa distribuzione geografica? E  ancora: i treni che saltuariamente (e all’insaputa dei più) partono per trasportare materiale radioattivo rispettano i protocolli di sicurezza o sono potenzialmente nocivi? All’ultima domanda, il consigliere regionale del Movimento 5 stelle Fabrizio Biolè risponde: «È chiaro, a mio avviso, che il rischio sia l’esposizione della popolazione a radiazioni ionizzanti; in secondo luogo vi è lo stesso irraggiamento su flora, fauna e ambiente. Infine, i rischi di incidente o di attentato. Ma non vi è alcuna norma che obblighi i sindaci a trasmettere le informazioni di transito dei materiali ai propri concittadini. Questo è quello che le persone presenti lo scorso 7 febbraio, criticano».

Nell’abisso di incognite, rimane la preoccupazione di avere tra le mani un tema fumoso, intriso di omertà e scarsa informazione. S’attendono delucidazioni, indipendentemente dai vessilli politici.

 

Matteo Viberti

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