Langhe Doc. “Eretici” nell’Italia dei capannoni

bestiameSuona strano sentire parlare di eretici riferendosi a langaroli produttori di cibo, ma i 52 minuti del documentario Langhe doc di Paolo Casalis, regista e architetto braidese, le 28 pagine del volumetto curato dal giornalista albese Federico Ferrero e la grafica di copertina realizzata da Valerio Berruti, apprezzato artista internazionale, vanno diritti al punto: la “mitologia” – o meglio la grandeur – albese secondo cui tutto il vino e il cibo che da qui ha origine merita, a prescindere, il marchio di eccellenza è superata, sepolta. Ma oggi chi non si arrende ai gusti (e ai metodi di produzione) dettati dalla globalizzazione rischia di venire definito “eretico”.

Il film è stato presentato venerdì scorso in anteprima nazionale al festival Piemonte movie di Torino e sarà distribuito con il passaparola e tramite il sito del documentario www.langhedoc. it, almeno per il primo migliaio di copie; poi si vedrà.

Giorgio BoccaIl dvd racconta la terra pregiata di Langa e le sue trasformazioni – il sottotitolo è Storie di eretici nell’Italia dei capannoni – legate alle necessità dello sviluppo economico, cucendo le storie di Maria Teresa Mascarello, Silvio Pistone e Mauro Musso sui brani di un’intervista a Giorgio Bocca, memoria storica di una Langa che non esiste più, a cui è affidato il compito di delineare gli scenari futuri delle Langhe, tra candidature all’Unesco e scempi edilizi.

 

La genesi del documentario è singolare: l’incontro tra Casalis e Ferrero è avvenuto dopo che il primo, con in mente un film di denuncia contro gli scempi al paesaggio, ha letto un post nel blog in cui il secondo – che lavorando a Milano resta a lungo nella capitale economica italiana – racconta il ritorno ad Alba accompagnato da un amico, convinto dallo stesso Ferrero a venire a conoscere quell’Eden che è la città un tempo chiamata delle “cento torri”. Agli occhi dell’ospite la realtà è ben diversa da quanto noi albesi siamo soliti vedere – ma non osservare – e le differenze tra la periferia albese fatta di capannoni, centrali elettriche e tetti blu poco si scosta dalla realtà dell’hinterland milanese, con i condomìni più grandi d’Europa. I due autori sono così partiti alla ricerca di chi, anziché continuare a riempirsi la bocca della parola “territorio”, sta facendo qualcosa per salvare il paesaggio e la tradizione. Chi sono gli “eretici” di Langhe doc? Maria Teresa Mascarello che, sulle orme del padre Bartolo, porta avanti la tradizione vinicola, fuggendo dalla moda del vino e da «chi farà il Barolo frizzante, quando gli americani lo chiederanno ».

pasta

Poi c’è Silvio Pistone, che dopo aver lavorato per vent’anni assieme al padre piastrellista, nel 1998 ha deciso di trasferirsi a Borgomale per produrre formaggio come si faceva una volta, allevando pecore di Langa, anche se «lavoro il doppio e guadagno la metà di prima». Mauro Musso è passato dall’azienda familiare, spazzata via dall’alluvione del 1994, al lavoro in un ipermercato prima di dedicarsi alla produzione artigianale dei tajarin percorrendo una strada opposta a quella della grande distribuzione che ha ben conosciuto.

 

Giulio Segino

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