Chi ha paura del megastore?

Se il mondo sarà monopolio dei centri commerciali o degli umili negozietti, non è dato sapere. Tuttavia, un primo indizio sul futuro volto del commercio sbuca dall’incontro convocato a Torino il 31 marzo dall’assessore regionale al commercio William Casoni.

Secondo i conti (relativi al 2009) i piccoli negozi, nonostante i timori di chi li credeva destinati alla sparizione, non accennano alla resa. In Piemonte gli esercizi di vicinato sono 63.586, in lieve incremento rispetto allo scorso anno. In fase di stasi sono le medie strutture di vendita, mentre i grandi centri commerciali risulterebbero in lieve incremento numerico, ma solo in virtù delle autorizzazioni concesse negli scorsi anni. Difatti, spiega Casoni, «sta prevalendo la filosofia di non consentire la proliferazione incontrollata dei centri commerciali: la presenza di questi ultimi si rivela necessaria nei grandi agglomerati urbani, ma non deve prevaricare la diffusione dei piccoli esercizi».

In Piemonte sono 365 i Comuni serviti da esercizi di vicinato e da medie strutture di vendita, 114 quelli in cui è presente almeno un centro commerciale. Lo scarto è evidente. S’impone la logica della qualità, l’immagine di un commercio orientato non solo alla vendita di massa, ma capace di conservare quell’attaccamento alla tradizione incarnato dalle botteghe, dalle attività familiari, dalla vendita meno standardizzata.

Casoni non si è limitato a descrivere, ma ha proposto l’e-commerce, l’inserimento dei prodotti on line. Dipingendo il futuro in chiave digitale, Casoni ha scelto comeparadigma un prodotto tipico. «Ipotizziamo che un consumatore di Milano desideri acquistare una salsiccia di Bra. Con il commercio in rete, per il cliente sarà possibile contattare la macelleria e ottenere il recapito a domicilio. Senza muovere un passo, solo con l’aiuto di un clic, potrà gustare piatti tipici di provenienza remota rispetto alla sua zona di residenza». Ma non è solo la digitalizzazione a calamitare le energie della Regione: tra le strategie, emerge l’intenzione di valorizzare i mercati ambulanti e gli esercizi di somministrazione (bar, ristoranti). Mentre i primi, con bancarelle e venditori di strada, si configurano come una variante del commercio “sedentario”, i secondi, dice l’Assessore, «assolvono a un’importante funzione di attrazione turistica». Tirando le somme, la concorrenza dei giganti commerciali sembra un fantasma, che pare retrocedere, una goccia di cauto ottimismo nell’oceano sovente agitato dei piccoli esercenti.

Matteo Viberti

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