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I miei tre mesi al “Sorano”

Quello del ’42-43 fu un campionato di calcio affrontato da sfollati per i calciatori della Juventus, che da novembre a maggio vissero al “Sorano”, elegante cascina della famiglia Bonardi sul Bricco delle capre. Della vicenda Gazzetta si è già occupata in più occasioni e la storia è diventata anche un libro (Quando la Juve si allenava al Coppino).

Tra i calciatori sfollati nella nostra città l’unico ancora vivo è il novantunenne portiere Sentimenti IV, ma a pochi chilometri da Alba, a Cellarengo, vive un’altra testimone di quel periodo, la signora Elsa Rosetta, classe 1927, figlia dell’allenatore di quella Juventus, il grande Virginio “Viri” Rosetta, campione d’Italia in maglia bianconera dal 1930 al 1935 e campione del mondo nel 1934.

«Con mia madre mi trasferii ad Alba nella primavera del 1943 per raggiungere mio padre. In attesa che ci sistemassero le stanze al “Sorano” vivemmo per qualche giorno in via Cavour, in un alloggio di Carlin Cignetti, sopra il suo negozio di cappelli. Poi salimmo in collina. Al pianterreno della cascina c’erano sala da pranzo e cucina, al piano superiore le stanze da letto. Il panorama era bellissimo», ricorda la signora Elsa, che all’epoca aveva 16 anni.

Cignetti era stato un importante dirigente dell’Albese e fu grazie ai suoi ottimi rapporti coi dirigenti bianconeri che la squadra scelse la nostra città nel novembre del 1942 per sfuggire ai bombardamenti su Torino.

 

Elsa Rosetta

Elsa Rosetta

 

Ad Alba, ricorda la signora Rosetta, c’erano anche i familiari di Felice Borel (con la bambina piccolissima) e la moglie di Alfredo Foni. «Al Sorano sono rimasta circa tre mesi, fino alla fine del campionato; poi sfollammo a Sauze. In quel periodo abbandonai la scuola. Anche se rimasi poco tempo ad Alba, avevo molte amiche. Mi dispiace averle perse di vista. Passavamo il tempo andando a fare delle escursioni in bici, scendevamo al mulino “Vivalda” dove andavano spesso anche i giocatori, oppure andavamo in collina a raccogliere fiori. In città andavamo al cinema, oppure a mangiare le bignole nelle pasticcerie di via Maestra. Di Alba ricordo anche alcuni bellissimi cortili », racconta la signora Elsa.

Per fare la spesa i calciatori (soprattutto Magni) scendevano in città con un carretto trainato da un asino. I giocatori l’avevano ribattezzato Pierino, forse per prendere in giro bonariamente il loro presidente Piero Dusio. Ma il carretto trainato da “Pierino” era anche usato dalle mogli dei giocatori e dalle bambine per spostarsi in collina e in città.

«Ho bellissimi ricordi di quel periodo. Mi piaceva molto stare ad Alba. La guerra per noi era lontana, anche se dal cortile del “Sorano” vedevamo i riflessi dei bombardamenti su Torino. Spesso i vicini ci invitavano a fare merenda nei ciabòt. Talvolta, con mia madre, aiutavamo le cuoche ingaggiate dalla Juventus per preparare da mangiare alla squadra», continua la signora.

Elsa Rosetta vive a Cellarengo da una quindicina d’anni ed è juventina da sempre. A quattro anni, andava già allo stadio (non c’era ancora il “Comunale”) a consegnare i fiori e i gagliardetti al capitano delle squadre avversarie della Juve e nel portafogli custodisce ancora la tessera di “patronessa” della Juventus della stagione 1926-27, appartenuta a sua zia.

 

Corrado Olocco

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