Ultime notizie

Il castello o il peso pubblico?

Nella Langa di quarant’anni fa poteva accadere che in un Comune (Barolo) l’Amministrazione civica acquistasse il castello grazie a una sottoscrizione popolare, mentre a una collina di distanza (a Roddi) un Sindaco desse le dimissioni dopo che l’intero Consiglio comunale aveva bocciato la sua proposta di acquistare il castello del paese, in vendita a 5 milioni di lire.

La vicenda risale all’11 febbraio del 1971, quando a Roddi si riunì un Consiglio straordinario convocato su richiesta di dieci amministratori su quindici. Nella lettera inviata al sindaco Sebastiano Musso, i consiglieri scrivevano che, «a conoscenza del vivo malcontento che regna nella maggioranza dei roddesi, allarmati dalla notizia circolata circa la ventilata idea di acquisto del castello da parte delComune », era necessario riunire l’assemblea civica, «al fine di chiarire definitivamente l’indirizzo dell’Amministrazione comunale ». Dunque, l’ipotesi di acquistare il castello era così indigesta da creare malcontento e allarme tra la popolazione.

La proprietà (il Fondo edifici di culto) aveva già tentato la vendita nel 1968 (al costo di “pochi milioni”, come scrissero i giornali dell’epoca), ma non se ne fece nulla, anche per la forte opposizione di un comitato spontaneo nato in paese, il quale, temendo l’acquisto da parte di privati, sosteneva: «Il castello è patrimonio storico e artistico di tutti, e in particolare della popolazione roddese e tale deve restare ». Anche la Famija albèisa si oppose alla cessione, proponendo di vendere le tre cascine di Roddi appartenenti allo stesso ente e usare il ricavato per il restauro del maniero.

Il Consiglio comunale del febbraio 1971 aveva un solo punto all’ordine del giorno: “Castello di Roddi: esame eventuali opportunità circa l’acquisto; programma di utilizzo”. L’articolo di Gazzetta d’Alba del 24 febbraio 1971 parla di un’aula affollatissima e riporta che, «dopo ampi e dibattutissimi interventi della maggioranza e della minoranza », il Consiglio approvò con 14 sì e un no la relazione «veramente completa, esauriente e appropriata dell’Assessore anziano colla quale si chiede di non acquistare il castello da parte del Comune, ma di invitare l’ente proprietario a eseguire le necessarie riparazioni e restauri». L’unico no era quello del sindaco Musso, che nei giorni successivi rassegnò le dimissioni.

A quei tempi le priorità, come si legge nelle cronache di “Gazzetta”, erano altre: la realizzazione di strade nelle frazioni e nel concentrico, il potenziamento della pubblica illuminazione, gli scarichi per le acque nere, il prolungamento dell’acquedotto comunale, l’installazione di un moderno peso pubblico («molto richiesto dagli agricoltori») e l’urbanizzazione di un’area «che dia possibilità di costruzioni adeguate ».

Nella stessa seduta venne anche approvato un ordine del giorno nel quale si elencavano le opere pubbliche importanti per il paese, interventi che, scriveva “Gazzetta”, richiedevano «spese non indifferenti da parte del Comune, che versa in condizioni alquanto ristrette». Pertanto, il documento chiedeva di soprassedere all’acquisto del castello, anche in considerazione del fatto che «tale immobile non troverebbe economico utile utilizzo». L’ordine del giorno “passò” con 11 sì, 3 astenuti e un no (probabilmente, ancora del sindaco Musso).

Pochi mesi prima, alla fine del 1970, a Barolo il Comune aveva acquistato il castello “Falletti” grazie al contributo dei cittadini, che misero a disposizione 33 milioni e 648 mila lire. In confronto, a 5 milioni, il castello di Roddi era in svendita.

Corrado Olocco

Banner Gazzetta d'Alba