Felici sette sabaudi su dieci

L’indagine Ires non si limita a disegnare l’atteggiamento dei piemontesi verso la crisi, ma indaga le peculiarità generali, le preferenze, gli orientamenti fondamentali. In una parola, la disposizione – di maggiore o minore qualità – alla vita.

Emerge come per il 95 per cento dei piemontesi la “felicità” sia determinata dalla bontà dei rapporti con la famiglia e dal sussistere di una condizione di salute personale e dei propri cari. Il rapporto con i colleghi di lavoro, invece, appare il fattore che meno incide sulla soddisfazione generale. Pure il reddito personale e la realizzazione occupazionale rimangono ai margini bassi della classifica. Sembra, dunque, che l’edonismo o l’egocentrismo non interessino la cultura sabauda, più propensa alla premura e alla cura dell’altro, specie se di un membro della famiglia.

Per gli stranieri si registra una situazione analoga, sebbene il parametro meno incisivo nella percezione di felicità diventi il “rapporto con i colleghi”: il fattore potrebbe essere spiegato con variabili culturali ma anche sociali, dato che tendenzialmente all’immigrato è richiesta una maggiore adattabilità professionale e dunque la sopportazione di screzi (se non di vere e proprie discriminazioni) sul luogo di lavoro diventa sovente una condizione “ovvia”, una prerogativa da mettere in conto.

Quanto è soddisfatto della sua vita? È la domanda conclusiva posta agli intervistati. Ebbene: il 57 per cento dei piemontesi si dichiara soddisfatto, il 22 per cento «né soddisfatto, né insoddisfatto», il 13 «molto soddisfatto», il 7 per cento «insoddisfatto » e soltanto l’1 per cento «molto insoddisfatto». In pratica, sette su dieci si dicono felici. Le percentuali sono differenti sul fronte degli stranieri: solo il 41 per cento si dichiara «soddisfatto», mentre la cifra di chi si percepisce «molto insoddisfatto» aumenta al 7 per cento.

Cifre grezze, di difficile interpretazione: dietro ai giudizi sulla qualità di vita – in apparenza consolanti – potrebbero agitarsi sconforto e basse aspettative verso il mondo, cosa che conduce, in una situazione di minima stabilità, a formulare considerazioni ottimistiche.

Da ultimo, si evidenzia come gli intervistati risultino concordi nel ritenere insufficienti le politiche per i giovani (da uno a dieci, il parametro è giudicato 7,9 punti nella scala di problematicità), seguito dall’occupazione e il lavoro (7,8), dall’inquinamento (7,3). Molte fallacie e insufficienze, dunque, che andrebbero risolte o perlomeno attutite a livello istituzionale. Peccato che solo la metà dei piemontesi dichiari fiducia nei confronti dei servizi di assistenza pubblici, nella Magistratura, nella Chiesa, nelle Forze dell’ordine. Ancora una volta, si abdica dal sociale e ci si ritrae nella speranza di trovare senso e scappatoie nella famiglia, oggetto di totale fiducia per circa il 98 per cento dei piemontesi.

m.v.

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