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Ricorso al Tar per il negozio

Ad agosto la Giunta comunale ha approvato una delibera per ricorrere al Tar del Piemonte e chiedere l’annullamento del provvedimento preso dalla Regione con l’obiettivo di revocare un finanziamento da oltre 60 mila euro erogato al paese dell’alta Langa alcuni anni fa.

Per comprendere bene la vicenda, portata alla luce dal gruppo consiliare di minoranza (che, tra l’altro, aveva già contestato le modalità con cui l’esercizio venne affidato in gestione), occorre tornare all’inizio degli anni 2000. In regione Chiosse, al pianoterra di un caseggiato di proprietà comunale, è attivo un esercizio commerciale che si occupa della vendita di generi di prima necessità. Il Comune decide di ristrutturare anche il primo piano del caseggiato e, di conseguenza, ampliare il negozio che, nei locali riqualificati, dovrà concentrarsi principalmente sulla vendita ai turisti delle primizie enogastronomiche di Langa.

Le opere di restauro, però, sono piuttosto costose e il Comune chiede aiuto alla Regione, che nel 2003 eroga un contributo di 62.784 euro. I lavori vengono completati e il 27 maggio 2005 si tiene l’inaugurazione del punto vendita. Qualcosa, però, si inceppa.

Spiegano i rappresentanti dell’opposizione: «L’attività che si sarebbe dovuta svolgere nei locali rinnovati non parte. È come se non si fossero eseguiti gli interventi: l’esercizio commerciale situato al pianoterra continua a funzionare, mentre al piano superiore resta tutto fermo». A quel punto, il gruppo guidato da Antonio De Simone inizia a premere sulla maggioranza affinché venga portato a compimento il progetto di promozione turistica. In Consiglio comunale si susseguono interpellanze sull’argomento, «ma nessuno fornisce una spiegazione valida », dicono quelli dell’opposizione.

Non ricevendo risposte convincenti, la minoranza presenta un esposto a Corte dei conti e Regione per rendere noto l’accaduto. Precisano i consiglieri di opposizione: «Il nostro intento non era quello di spingere la Regione a revocare lo stanziamento messo a disposizione del nostro Comune ma, al contrario, sollecitare la maggioranza a prendere i provvedimenti necessari per uscire dall’impasse. Invece, anche quando già si sapeva che la Regione avrebbe effettuato accertamenti, non si è provveduto a predisporre un’adeguata documentazione con la quale si sarebbero potuti spiegare i motivi della mancata partenza del progetto e richiedere ulteriore tempo, senza incorrere nella revoca».

Dopo alcune verifiche, ed è storia recente, la Regione è intervenuta, revocando la somma trasferita a Bosia. Ora, il Comune proverà ad annullare il provvedimento ricorrendo al Tar. La decisione del ricorso è maturata in quanto l’Amministrazione civica, in seguito all’avvio del procedimento di revoca, ha presentato le proprie controdeduzioni ma, stando a quanto si legge nel verbale della Giunta comunale, la Regione non ne ha tenuto conto. Inoltre, ha precisato l’Amministrazione nella delibera: «Il provvedimento di revoca imposto dalla Regione è carente di motivazioni concrete in ordine al presunto mancato rispetto del vincolo di destinazione. Il Comune non ha mai inteso sottrarre l’immobile al vincolo sotteso alla concessione del contributo, ma semmai si è adoperato al fine di consentire, procedendo con l’esecuzione di ulteriori interventi cofinanziati dalla Comunità montana, un ottimale svolgimento delle attività cui era finalizzato lo stanziamento regionale, dichiarando inoltre la propria disponibilità a protrarre il vincolo per un ulteriore periodo».

Concludono i rappresentanti della minoranza: «Il ricorso al Tribunale regionale è l’ultimo strumento a disposizione del Comune per non vedersi sfuggire il finanziamento regionale; tuttavia, questa scelta implica l’avvio di un procedimento legale che comporterà sicuramente delle spese, le quali, ancora una volta, graveranno sulle tasche dei cittadini, totalmente estranei a questa vicenda. Sarebbe opportuno, quindi, che a pagare fossero, con fondi propri, i veri responsabili dell’accaduto. Ci auguriamo che si possa giungere a una soluzione positiva e che la nuova attività commerciale possa entrare in funzione».

Enrico Fonte

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