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Avere un progetto e non mollare

Non stare mai fermi. Investire in ricerca e sviluppo. Premiare le professionalità. Si sentono spesso ripetere questi slogan come ricetta per sopravvivere in un mercato sempre più competitivo e per non farsi trascinare dalla crisi. Ma capita raramente di incontrare imprenditori capaci di tradurre le intenzioni nella quotidiana realtà aziendale. Giuseppe Bernocco (foto) è uno di quelli che nella crisi ha saputo fare impresa. Nel 2008 ha acquistato la Bianco, storica azienda albese che soffriva la congiuntura dell’indotto tessile e – a quanto si diceva – era prossima a chiudere i battenti e a mandare in cassa integrazione una novantina di persone. A tre anni dal passaggio di proprietà l’azienda vive una seconda gioventù grazie all’innovazione, alla ricerca, alla professionalità. Proviamo a parlarne con Bernocco, per capire se esiste una strada per uscire dal tunnel della crisi.

Giuseppe-BernoccoPartiamo dal 2008. Lei rilevò un’azienda storica dell’albese in grande difficoltà a causa della crisi dell’indotto del tessile. «La Bianco godeva di un’ottima reputazione sul mercato. Ma era ferma da tempo, non aveva investito in figure professionali ed era stata emarginata in un mercato sempre più competitivo. Quando rilevai l’azienda fu necessaria una piccola ristrutturazione aziendale e una decina di persone uscirono fra cassa integrazione e mobilità volontaria. Non potevamo permetterci una struttura amministrativa inefficiente. Abbiamo invece dovuto far fronte ad assunzione di personale tecnico qualificato e abbiamo investito sulla formazione delle risorse interne. In tre anni le riduzioni di personale sono state compensate da nuove assunzioni e i livelli occupazionali sono quelli del 2008, con una novantina di dipendenti. Ma la struttura amministrativa è più snella e il personale tecnico è più qualificato».

È sufficiente ridurre i costi per reggere alla concorrenza, che nel tessile è internazionale? «Nella mia esperienza di imprenditore sono stato abituato a lavorare con una concorrenza a livello internazionale. I costi di produzione sono importanti e l’efficienza è un obiettivo che cerco di perseguire insieme a chi lavora in azienda, che deve sentirsi parte di un unico progetto. Però sono convinto che la qualità del prodotto e del servizio continuino a giocare un ruolo fondamentale. Se nel mio prodotto c’è un valore aggiunto di innovazione, se riesco a seguire il cliente e ad accreditarmi come interlocutore affidabile, continuerò a vendere, magari anche a un prezzo più elevato. Per questo credo che anche nell’indotto tessile ci sia spazio per crescere, a costo di non fermarsi mai».

Com’è possibile non fermarsi in un momento di crisi? «Occorre investire in ricerca e non avere paura. Siamo una media azienda ma abbiamo un dipartimento di ricerca e sviluppo per raggiungere l’eccellenza. In termini economici ciò comporta sacrifici,ma solo con un prodotto all’avanguardia riusciamo a spuntarla sulla concorrenza. E, poi, occorre investire su nuovi mercati. Anche qui non bisogna avere paura. È vero che in Italia il tessile non tira, main altri Paesi come il Brasile o il Bangladesh ci sono opportunità enormi, da non lasciarsi sfuggire».

È così che lei spiega la crisi del tessile? Poca ricerca e poca apertura all’internazionalizzazione? «Sono due fattori importanti. Poi, credo che l’imprenditore italiano debba uscire da una mentalità artigianale: il classico imprenditore che fa nascere l’azienda e la fa crescere fino auncertopunto rischia di trovarsi prima o poi in difficoltà. Deve osare. Deve affacciarsi sulmercato internazionale e deve dotarsi di una struttura e di professionalità adeguate. Forse è anche un fattore generazionale: gli imprenditori d’oggi sono quelli che vent’anni fa ce la facevano, ma in un contesto non paragonabile, e che oggi non sono pronti al cambiamento».

A proposito di cambiamenti, la Bianco si è lanciata nel campo del packaging anche alimentare. È anche questa una risposta alla crisi? «Bisogna assecondare la domanda anche in tempi di crisi e prepararsi a diversificare la produzione. La Bianco aveva al suo interno un know how e professionalità importanti. Io ho cercato di valorizzarli, investendo sulla nascita di una divisione automation&packaging. Anche qui è stato necessario un investimento. Anche qui ci sono state difficoltà iniziali a entrare in un mercato diverso da quello tessile. Ma io credo che se hai un progetto, una buona idea, devi portarlo avanti, devi seguire quella strada e non mollare».

Alessandro Cassinelli

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