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I più deboli in cammino con Kairon

«Non organizzo il convegno perché, dopo tanti anni d’impegno, sembra che le cose non cambino mai. Partecipo al convegno perché raccontare le cose significa non subirle». La prima frase grida la frustrazione che investe il mondo socio-sanitario e della disabilità, la seconda è l’incarnazione della spinta al miglioramento, allo sviluppo e al rispetto della vita. Sulla scorta di un programma televisivo, e a ritmo di musica, dal palco si alternano le voci riunite dal convegno dell’associazione Kairon ad Altavilla, il 5 novembre. In cammino: la strada è impervia, affrontiamola uniti è il titolo. Obiettivo: non dimenticare la disabilità, non far pagare ai deboli il peso della crisi, perseguire l’integrazione, progettare lotte contro i tagli ai fondi. Ha spiegato un inquieto sindaco Maurizio Marello: «Peseranno sulle famiglie se le amministrazioni comunalinon riusciranno acompensare. Il Consorzio socio-assistenziale albese, su una disponibilità di fondi pari a circa tre milioni di euro, il prossimo anno dovrà sopportare un milione di tagli». In altre parole: la disabilità, per essere percepita come una risorsa e non come un ostacolo, dev’essere valorizzata, sostenuta. Sia a livello concreto (eliminazione di barriere architettoniche, investimento nel sostegno scolastico, interesse nella ricerca e allestimento di strutture riabilitative) che psicologico e culturale. La situazione è critica, ma, come ha concluso il Sindaco, «spero che una giusta indignazione consenta allo spirito civico di resistere. Siamo solo all’inizio delle sforbiciate ai finanziamenti. Ma ne usciremo insieme».

Una madre. L’eccezionalità del convegno: cedere il palco ai protagonisti piuttosto che agli esperti, ai dotti, ai tecnici. Quando una storia è raccontata perché vissuta sulla propria pelle, entra nei pensieri con maggior vigore, e rimane. Le parole di Gianpaolo Sandri, ad esempio. Quarantun anni, su una sedia a rotelle, ha parole dal suono un po’ strascicato. Ma ha una spontaneità difficile da immaginare. Vale, la sua testimonianza, come sintesi dei contenuti e dell’atmosfera della sala. «Questa storia inizia con una mamma che giorni fa mi disse: mia figlia fa prima elementare e non capisco perché nella sua classe abbiano messo un bambino disabile al cento per cento, Matteo, che sembra un vegetale. Dopoqualche giorno, la stessa mamma arriva da me e dice: sai Gianpaolo, mia figlia deve festeggiare il compleanno e come primo della lista ha messo Matteo, il ragazzo-vegetale. Mi sono chiesta: come mai? Com’è possibile? Mia figlia mi ha guardato e ha risposto: perché, anche se Matteo sta sempre zitto, ti fa sentire brava e importante». Un reciproco apprendimento, uno stare vicino senza linguaggio, ma fertile e creativo. La storia di questa madre, dice Sandri, è preziosa perché ricorda come «l’integrazione sia vita». E «anche se i nostri parlamentari ci stanno fregando, noi combatteremo per raggiungere questa integrazione. La disabilità insegna valori alternativi, come la pazienza, la lentezza. Mette in luce le mancanze del mondo e spinge al miglioramento». Siamo abituati a vedere tutto come un’ingiustizia esercitata sulla nostra persona. Ma, parola di Sandri, «se non ho la funzionalità delle gambe ci sarà pure un motivo. Il limite mi spinge a crescere, a superarlo. Tutto qui». E l’immagine dell’eroe non può che saltare in testa: come eroi, i personaggi del convegno non sono immuni alla paura, anzi ci viaggiano assieme, ma la tramutano in vigore. Per scavalcare gli ostacoli del destino e, come se non bastasse, quelli della politica.

Matteo Viberti

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