Il teleriscaldamento torna a fare discutere

La concessione del suolo pubblico comunale, sul quale sarà effettuata la posa di reti e impianti del nuovo servizio di teleriscaldamento, è stata firmata recentemente in Municipio. Adesso il progetto, per diventare definitivo e quindi cantierabile, dovrà passare al vaglio di almeno due Conferenze dei servizi provinciali. L’ipotesi di inizio lavori, fatta dai tecnici del raggruppamento temporaneo di imprese tra la braidese Olicar e l’albese Egea, parla dell’autunno 2012. Dopo la presentazione pubblica dell’opera, curata dall’Amministrazione comunale, si è sviluppato un ampio dibattito in città, con molti interventi. Recentemente Gazzetta ha pubblicato anche alcune lettere sull’argomento. L’ultima delle quali è proprio quella di Italia nostra, che contesta la lunghezza dei lavori e la scarsa incisività sull’ambiente di quest’operazione. Gazzetta ha rivolto qualche domanda al primo cittadino braidese Bruna Sibille, alla presidente di Italia nostra Irene Ciravegna e al progettista dell’intervento Giuseppe Zanca.

Valter Manzone

Bruna Sibille: «Questo tipo di impianto è un ottimizzatore di risorse»

Bruna SibilleIl primo cittadino Bruna Sibille ha lavorato molto per far sì che la realizzazione dell’impianto di teleriscaldamento porti vantaggi a tutta la collettività braidese (nuove opere pubbliche e denari nelle casse comunali).

Italia nostra scrive un documento nel quale critica la scelta del teleriscaldamento perché teme che il cantiere metta a dura prova la città. Sarà proprio così?

«Sarebbe irreale negare che una serie di scavi che attraverseranno la città possano creare disagi. Come per la realizzazione di ogni infrastruttura, come ovvio, lavoreremo con i concessionari per minimizzarli, ma non per questo abbiamo rinunciato ad avviare opere che ritenevamo nell’interesse della città. In ogni caso, mi pare, abbiamo dimostrato di essere in grado di saper gestire cantieri molto complessi: penso a via Piumati o all’ampliamento di via Vittorio Veneto. Non dobbiamo dimenticare poi che la nostra concessione prevede che il disagio sia anche monetizzato, con un’indennità versata nelle casse comunali la quale si tradurrà in servizi e opere a beneficio della collettività».

Molte città del bacino ne sono già dotate. Quali sono i vantaggi reali che questo sistema produce?

«Il teleriscaldamento è un ottimizzatore di risorse, che rende efficienti i consumi energetici per una voce di spesa importante per le famiglie. I benefìci che ci attendiamo sono soprattutto di tipo ambientale, concentrando in un unico punto di emissione, controllato e presidiato, gran parte dei residui di combustione che oggi sono distribuiti in migliaia di impianti in città». I soci di Italia nostra sostengono che, in questo modo, il calore sarà gestito in regime di monopolio per trent’anni. Questo può creare dei pericoli reali? «Nessuno sarà obbligato ad allacciarsi alla rete. L’impianto di gestione del teleriscaldamento di Bra prevede poi la possibilità di immettere e vendere acqua calda sulla rete anche a coloro che non hanno realizzato l’infrastruttura, con un modello di gestione molto innovativo e che sta già facendo scuola. Sarà costituita una autorità garante che, sotto il profilo tecnico ed economico, regolerà i rapporti all’interno della rete e tra i gestori e i cittadini. L’esatto contrario del modello di monopolio, con un approccio moderno di tipo anglosassone».

Quali vantaggi porterà un’opera come questa?

«I lavori del teleriscaldamento permetteranno anche di realizzare importanti opere di valorizzazione del sottosuolo, oltre a garantire una ripavimentazione di tutte le aree che saranno interessate dai lavori. Penso ad esempio alla realizzazione di una completa cablatura in fibra ottica della città, con sviluppi oggi ancora inimmaginabili nella loro utilità. Senza un’opera come il teleriscaldamento, una tale realizzazione sarebbe stata impensabile».

v.m.

Irene Ciravegna: «Ci preoccupa il cantiere, ma anche che si bruci il polverino»

Irene CiravegnaIrene Ciravegna, presidente della Sezione braidese di Italia nostra, ha riunito l’assemblea la scorsa settimana, durante la quale si è analizzata ampiamente la delibera che autorizza la realizzazione del teleriscaldamento in città.

Il teleriscaldamento braidese, che nasce dopo molte altre esperienze provinciali, vi preoccupa. Qual è l’aspetto che ritenete più critico in quest’opera pubblica.

«Ci preoccupa l’estensione dell’impianto, in quanto ci risulta che questa soluzione può essere valida in una situazione di grande densità abitativa, vale a dire in presenza di quartieri formati da alti palazzi e non si tratta del nostro caso. In più ci preoccupa il fatto di scegliere una soluzione così rigida, che impegna la nostra comunità per alcuni decenni, mentre la ricerca tecnologica si è spostata piuttosto sul risparmio energetico legato alle costruzioni. Siamo convinti che la priorità delle scelte – anche a livello comunale – debba andare verso il risparmio energetico e verso quegli interventi che eliminano gli sprechi nelle abitazioni».

Voi citate il protocollo di Kyoto che chiede di ridurre del 5,6% i consumi energetici: non pensate che il teleriscaldamento dia un contributo in questa direzione?

«Già oggi il 95 per cento dei condomìni braidesi è a metano e molte caldaie sono dell’ultimo tipo, a condensazione. Non è tanto con il teleriscaldamento che si riduce il consumo energetico, ma con fotovoltaico e pannelli solari diffusi, riduzione delle auto e altre azioni di questo genere». Avete espresso dei seri timori per i cantieri: ritenete veramente che possano devastare la città? «Ci preoccupa che si preveda un cantiere aperto per quattro anni il quale attraverserà tutta la città dalla zona oltre Bescurone a San Giovanni Lontano con 23 km di tubi. Riteniamo quindi che scavare passando per il centro per un periodo così consistente non sia poca cosa, anche per la proverbiale pazienza dei braidesi (senza considerare le pm 10 derivanti dagli scavi)».

Un pensiero sui combustibili che saranno impiegati: perché avete timore che si arrivi anche a bruciare il polverino prodotto dall’Abet come scarto delle sue lavorazioni? «Perché la deliberazione della Giunta comunale del 10 maggio scorso dice espressamente: “È stata inoltre dichiarata, da parte del Rti proponente, l’eventuale possibilità futuribile a bruciare polverino di scarto delle ditte Abet e Arpa industriale, e biomasse legnose vergini, alle condizioni da definirsi con l’Amministrazione comunale”. Più chiaro di così».

v.m.

Giuseppe Zanca: «Disagi contenuti e miglioramento della qualità dell’aria»

Giuseppe ZancaL’ingegner Giuseppe Zanca (progettista del gruppo Egea spa) è il professionista che seguirà la realizzazione dell’impianto, così come sta facendo con quello di Carmagnola e di altre località che si sono recentemente dotate di questo sistema.

La Sezione braidese di Italia nostra è preoccupata per i 23 km di tubi che dovranno essere interrati. I soci temono che si debba assistere a un “cantiere infinito”. Qual è la vostra risposta a questo timore?

«Innanzitutto i 23 km rappresentano l’estensione totale prevista dell’intero progetto, comprensivo degli allacciamenti, “spalmati” su quattro anni. Inoltre i cantieri sono normalmente concentrati su un periodo di 3-4 mesi a ridosso del periodo estivo, quindi con minori criticità in termini di traffico. Orientativamente il cantiere evolve in modo continuo durante il suo sviluppo, con un fronte che difficilmente supera i 50 metri alla volta. Infine il programma dei lavori viene concordato con il Comune che meglio di ogni altro conosce le criticità della città».

Nel loro documento esprimono anche il timore che si arrivi poi ad alimentare l’impianto anche con il polverino prodotto dalle lavorazioni dell’Abet. Esiste, in futuro, anche questa possibilità?

«L’impianto proposto in gara prevede unicamente l’alimentazione a gas metano, e il progetto che verrà presentato in Provincia confermerà questo approccio».

Il teleriscaldamento contribuisce a migliorare la qualità dell’aria?

«Certamente sì. In particolare, a regime, si prevede una riduzione degli ossidi di azoto da riscaldamento fra il 35 e il 40 per cento, mentre per il monossido di carbonio è prevista una riduzione media tra il 5 e il 10 per cento. Per definizione l’impianto, utilizzando solo gas metano, non dà luogo all’emissione di Pm 10, e quindi comunque garantirà un bilancio positivo, per quanto ridotto, e relativo alla sostituzione dei residui impianti a olio, gasolio e biomasse. Inoltre, come conseguenza della produzione centralizzata, vengono eliminate alcune centinaia di punti di emissione in città, e sostituite con un unico punto di emissione, fuori dal centro, monitorato 24 ore su 24».

Quali sono i vantaggi per un utente che debba decidere se rimanere con il suo impianto a metano oppure allacciarsi alla rete del teleriscaldamento?

«Il servizio opera per definizione in un mercato di libera concorrenza, e quindi l’adesione sarà funzione degli effettivi risparmi che l’utente verificherà direttamente. Al vantaggio “secco” della tariffa, si aggiungono l’abbattimento dei costi di manutenzione, di messa a norma e di sostituzione periodica degli impianti, senza contare il pericolo di scoppio, incendio, poiché la fornitura consiste nella consegna al condominio di sola acqua calda».

v.m.

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