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Quando il medico sbaglia

Dai dati presentati dalla commissione presieduta da Leoluca Orlando (Idv), che vanno da fine aprile 2009 al 30 settembre 2011, emerge che i presunti errori sanitari sono stati 326, di cui 223 conclusisi con il decesso del paziente. La maglia nera va alla Calabria con 82 casi di presunti errori e 67 decessi, seguita da Sicilia (57 e 39), Lazio (28 e 17) e Campania (23 e 17). C’è da segnalare il caso positivo della Sardegna, dove in 29 mesi non ne è stato segnalato nessuno, in Molise uno solo, e anche in Trentino Alto Adige,ma con la morte del paziente.

Le specialità più colpite: secondo le stime la chirurgia è al quarto posto nella classifica delle specialità più bersagliate dalle cause (10 per cento), dopo il record di ortopedia (16,5 per cento), oncologia (13 per cento) e ostetricia (11 per cento). Non è che oggi si sbagli di più: è che sono aumentate le denunce. Lo testimoniano anche i dati dell’Amami, l’Associazione medici accusati di malpractice ingiustamente (www.associazioneamami. it): l’80 per cento dei procedimenti a carico dei medici è archiviato e con l’assoluzione, perché il fatto non sussiste.

Sebastiano Cavalli, chirurgo dell’Asl Cn2 e dirigente Cimo (Coordinamento italiano medici ospedalieri associazione sindacale medici dirigenti) commenta così questi dati: «Innanzitutto i dati sarebbero da rapportare al numero degli abitanti: il Trentino, ad esempio, ne ha poco più di 500.000. Inoltre teniamo presente che in Italia ogni giorno si svolgono migliaia di interventi, e il nostro sistema sanitario è ritenuto fra i primi al mondo dall’Organizzazione mondiale della sanità. Questi dati in questi giorni campeggiano sulle prime pagine dei giornali, cometutte le notizie tipo: “Il medico ha sbagliato”. Ma qualcuno ha mai visto aprire un telegiornale con la notizia: “Il medico era innocente, è stato accusato ingiustamente”? Mai. Eppure le statistiche dicono che la stragrande maggioranza delle accuse ai medici viene archiviata per la non sussistenza del fatto; ma questo non fa notizia». «Anche a causa di questo tipo di informazione, viene meno il rapporto, fondamentale, di fiducia fra paziente e medico, presupposto per un efficace percorso di guarigione, che si fa in due. Il medico a sua volta è sulla difensiva e rischia di apparire scortese, oppure prescrive esami inutili con conseguente esborso per la collettività. Inoltre tengo a sottolineare che l’errore medico, quando capita, non è quasi mai imputabile a un singolo specialista, ma all’organizzazione».

Cavalli suggerisce una soluzione: «La strada da percorrere è quella della depenalizzazione dell’errore medico. Due sono le tipologie di processo: penale, quando l’atto medico procura lesioni gravi o gravissime, fino alla morte; e civile, che mira al risarcimento diundanno derivato dall’atto medico. Soltanto se viene accertata la colpevolezza nel primo caso, con colpa grave del medico, l’Asl può rivalersi sul medico. Ma oggi le denunce sono quasi tutte penali. Le Asl sono obbligate ad assicurarsi, spendendo centinaia di migliaia di euro, e le compagnie di assicurazioni disposte ad assicurare l’errore medico sono sempre di meno. Un altro aspetto che riterrei utile è l’instaurazione di una cultura dove l’errore non viene nascosto,mausato per migliorare, come succede in altri Stati. Non bisogna preoccuparsi nel dire cosa è successo, ma anzi andare a fondo per capire e parlare con tutti gli interlocutori in maniera chiara».

 a.r.

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