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Chi ha un mestiere trova impiego

Un’armata di pluriripetenti (14 mila all’anno in Piemonte), mancanza di risorse, fasce deboli e disabili privi di supporto formativo, incertezza normativa diffusa. Il mondo della formazione naviga in un oceano di precarietà. Il Governo tecnico non ha ancora emesso verdetti (se si esclude l’uscita del sottosegretario Michel Martone sui giovani, di cui parliamo in questa pagina). Noi abbiamo incontrato Claudia Porchietto, assessore al lavoro e alla formazione professionale della Regione.

Quali sono i cambiamenti attesi per il settore scolastico, Assessore?

«La crisi economica e i conseguenti contenimenti della spesa hanno permesso di rimettere in discussione anche sistemi intoccabili come quelli della scuola e dell’università. L’ex ministro Mariastella Gelmini ha fatto da apripista e nei giorni scorsi, in un incontro al Ministero dell’istruzione, mi è stato comunicato che stanno emergendo i primi risvolti positivi sui conti pubblici. Con l’arrivo del Governo di Mario Monti si proseguirà: si parla di una fase d’integrazione tra istruzione e formazione professionale. Su questo punto mi sento di suggerire all’attuale ministro Francesco Profumo che una riforma di questo tipo non è a costo zero ed esistono tradizioni territoriali eterogenee. Quindi, sono necessarie maggiori flessibilità e risorse».

Oggi non sembra facile trovare risorse.

«È necessario che tutti, dalla politica alle parti sociali, dagli insegnanti al personale amministrativo, dalle famiglie agli studenti, compiano un salto culturale, nella consapevolezza che il sistema non è più sostenibile. Quando si sarà raggiunto un accordo, allora si potrà approfondire quali sono le parti del mondo della scuola che generano sprechi e quali invece producono risultati; quali interventi non possono essere toccati perché r i c a d o n o nell’ambito del welfare e quali invece sono retaggi di privilegi. Non va penalizzato l’obbligo d’istruzione, che è uno dei settori più a rischio di ridimensionamenti finanziari: in Piemonte ogni anno ci sono 14 mila ragazzi tra i 14 e i 17 anni pluriripetenti o con percorsi scolastici difficili. Alla luce di simili dati, diventa fondamentale il recupero di chi rappresenta la società del domani».

È vero che molti ragazzi disabili o problematici negli ultimi anni sono rimasti senza sostegno a causa della mancanza di risorse? Come intende tutelare queste “fasce deboli”?

«Ci sono stati problemi, ma li abbiamo affrontati. Esiste una normativa nazionale che prevede una graduazione del numero di docenti di sostegno in base al livello di handicap, ma gli insegnanti non erano sufficienti. La Regione ha quindi stanziato 10 milioni di euro per ulteriori 600 docenti solo per l’anno in corso. Di questi, 200 erano insegnanti di sostegno: penso che il Piemonte si aggiudichi un primato nell’ambito della tutela delle fasce deboli».

Quali sono i principali punti di fragilità dell’attuale sistema d’istruzione?

«Esiste un problema di approccio culturale: le famiglie considerano di serie “B” gli istituti professionali. Si tratta di una criticità, soprattutto oggi, quando per un giovane è più facile trovare lavoro avendo alle spalle un “mestiere” piuttosto che un liceo. Continua poi a perdurare il problema dell’abbandono scolastico, una piaga da debellare. Da non sottovalutare è, inoltre, l’aumento di allievi stranieri: è necessario supportarli per rendere il loro inserimento a impatto quasi zero sulla programmazione scolastica. Infine, sussiste un abisso tra scuola primaria e secondaria».

Matteo Viberti

Foto di Ansa/Tonino di Marco 

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