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Metti al centro i giovani

Franco Chittolina ha appena dato alle stampe per Primalpe il libro Un’Europa per giovani. Pace innovazione lavoro, una lettura dell’attualità e delle prospettive dell’Unione, scritta sul filo della cronaca di questi mesi.
Giovani e lavoro sono temi di grande attualità e intrecciano i destini del nostro Paese con quelli europei.

Si può dire che l’Europa metta al centro delle proprie politiche i giovani, Chittolina?
«È presto per dirlo. Bisognerà aspettare che prendano corpo le misure adottate dal Consiglio europeo il 30 gennaio, un primo segnale di attenzione al tema della disoccupazione giovanile, in particolare nei Paesi periferici dell’Ue, tra cui l’Italia. Intanto, non vanno sottovalutati i programmi di formazione come Erasmus (di cui hanno beneficiato tre milioni di studenti ) e i forti investimenti nella ricerca».

Potrebbe essere una svolta anche per l’Italia?
«Le politiche giovanili e, soprattutto, quelle dell’educazione e della ricerca, particolarmente importanti per i giovani, restano di competenza degli Stati nazionali. Possono essere efficaci le raccomandazioni e gli stimoli di Bruxelles, ma anche qui dobbiamo darci da fare noi. La svolta “europea” in corso in Italia deve avere i giovani tra le priorità».

Qual è il ruolo dei giovani in un continente che sta invecchiando?
«Quello di assicurare un futuro alle nostre società, produrre innovazione e nuova imprenditorialità, contribuendo anche ad alimentare le entrate del nostro sistema di welfare».

Questo sistema di welfare, nato in Europa, deve essere salvaguardato?
«Non c’è dubbio che i valori che lo ispirano vadano salvaguardati, ma perché questo avvenga è necessario rivedere il funzionamento dell’intero sistema, la ripartizione delle risorse e – ma non sarà facile – anche l’alimentazione delle entrate, senza escludere un più ampio ricorso alla fiscalità generale».

Quali sono le previsioni economiche per l’Italia?
«Purtroppo non rosee per tutto il 2012, anche a causa delle misure di rigore adottate. Potrebbe esserci una debole ripresa l’anno prossimo,ma molto dipenderà anche dall’andamento dell’economia internazionale, oltre che dalle misure per la crescita che adotterà il Governo diMario Monti».

In quale modo si rilancia l’economia in impasse?
«Cominciando a non esagerare con l’ossessione del rigore, per non rischiare di uccidere il malato. Sarà necessario immettere risorse per gli investimenti, in particolare nella ricerca e in prodotti innovativi in grado di penetrare sui mercati internazionali. Da questo punto di vista, una grande azienda come la Fiat suscita più di una perplessità. Va meglio nella nostra provincia, in particolare nel settore agro-alimentare».

Mario Monti sta trasformando lo sguardo europeo sull’Italia?
«Senza dubbio, ma ci vorrà tempo, vista l’eredità ricevuta. Ma non ci riuscirà da solo: deve riscattarsi la politica italiana e debbono dimostrare maggiore responsabilità tutti i cittadini italiani. Non fa bene all’Italia “un uomo solo al comando”».

Che cosa ha da imparare l’Italia dall’Europa e che cosa può insegnare?
«Molte le cose da imparare e, in questa fase storica, poco da insegnare. Tra le prime, la serietà nel mantenere gli impegni presi, il senso della legalità e il dialogo civile tra le parti in conflitto; tra le seconde, il suo contributo di creatività e la capacità di reazione dinanzi alle difficoltà».

m.g.o

foto Neil Guegan, Corbis

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