Dacia Maraini, «grande festa per le persone a me più care»

Dacia Maraini è stata ospite di Collisioni mercoledì scorso ad Alba. La scrittrice ha presentato il suo ultimo libro, La grande festa, romanzo dedicato alle persone a lei più care.

Che cosa ha rappresentato per lei il viaggio ed essere la compagna di viaggi di Alberto Moravia? «Il viaggio è un processo di conoscenza e l’interruzione del quotidiano e della ripetitività. È una tradizione di famiglia: sono nata in viaggio e già mia nonna all’inizio del Novecento aveva percorso a piedi l’intera Persia. Io e Moravia avevamo una passione in comune: è stato un compagno piacevole e coraggioso; viaggiare all’epoca era molto diverso da oggi, spesso ci è capitato di dormire in tenda e di dover affrontare le difficoltà di luoghi arretrati, dall’India al Marocco, alla Cina, all’Africa. Ricordo una volta, aveva quasi ottant’anni: dopo ore di camminata mi chiese di andare a ballare».

Che cosa pensa della morte di Pasolini? «Ha ancora oggi qualche cosa di dubbioso; sono certa che non sia stato Pelosi. Probabilmente gli aggressori erano molti, commissionati da qualcuno che era a conoscenza delle scoperte fatte da Pasolini sul caso Mattei. Quando è successo mi trovavo a Rimini: non potevo crederci, l’avevo sentito poche ore prima per telefono. Drammatica è stata la reazione della madre, con la quale aveva un rapporto quasi morboso: non è mai riuscita a sopportare la morte del figlio».

Nel suo libro parla di morti. Perché ha scelto il titolo La grande festa? «Mi sono ispirata al filosofo francese Philippe Aries. Il momento del trapasso era nel mondo contadino un momento di “festa” in cui tutti si riunivano vicino al morente. Oggi simuore negli ospedali, in solitudine; l’uomo occidentale ha paura della morte e la trasforma in un tabù. Sono stata influenzata dal teatro giapponese, in cui spesso i morti dialogano con i vivi. All’interno del libro è chiaro anche il riferimento al mito di Orfeo, che tenta di riportare in vita l’amata Euridice. Allo stesso modo nel romanzo racconto le persone a me più care, mia sorella Yuki, mio padre Fosco, Moretti, Moravia, Pasolini, Maria Callas; li raccolgo in una grande festa senza negare il momento della morte».

Manuela Anfosso

foto Marcato

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