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La RIFORMA di ELSA inquieta chi lavora

È necessario riformare il mercato del lavoro: l’obiettivo è renderlo più flessibile, meno obsoleto, plastico e adattabile.E ora siamo al dunque. Il Governo ha licenziato il testo “salvo intese” e la palla passa al Parlamento. Le novità riguardano tre ambiti principali: l’articolo 18, su cui ancora si addensano le nubi, i contratti e gli ammortizzatori sociali. Per la provincia di Cuneo – e Alba in particolare –, territori costituiti da un tessuto imprenditoriale tradizionale, i cambiamenti potrebbero incidere sugli scenari. Il mercato del lavoro locale mostra segnali contrapposti, oscilla tra luci e ombre. I dati diffusi da Confindustria Cuneo ricalcano l’ambivalenza. Nel mese di gennaio di quest’anno le ore di Cassa integrazione guadagni (Cig) autorizzate per l’industria sono state 526 mila, il 2,5 per cento in più del gennaio precedente. Eppure, nel mese di dicembre 2011 le ore di Cig erano 702 mila: basandosi su questo dato si è inaugurato il 2012 con un confortante calo del 25,1 per cento. Una statistica che spiega l’eterno incespicare. Ma vediamo che cosa potrebbe cambiare nel mondo del lavoro con la riforma del ministro Elsa Fornero.

La modifica all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori prevede che, in caso di licenziamento per motivi economici, i lavoratori abbiano diritto a un’indennità da 15 a 27 mensilità. «Nessuna marcia indietro» e nessun cedimento a «pressioni», ha scandito il ministro Elsa Fornero alla fine di una settimana difficile sulla questione, a conferma della determinazione con cui l’Esecutivo guidato da Mario Monti ha messo in tasca la riforma, articolo 18 compreso: «Non lo aboliamo. Distinguiamo le fattispecie», ha evidenziato Fornero. Nei casi di licenziamento per motivi economici, se giudicati illegittimi, ci sarà solo l’indennizzo e, invece, per il licenziamento disciplinare si affida al giudice il potere di decidere tra reintegro e indennizzo. C’è però l’impegno, come ha assicurato il premier Mario Monti, a riformulare la norma in modo che si evitino «abusi» su presunti motivi economici e, quindi, discriminazioni. Ma sulla “partita” articolo 18 è più che mai aperta la discussione in Parlamento. «Il lavoratore non è una merce. Non lo si può trattare come un prodotto da dismettere, da eliminare per motivi di bilancio». Lo ha detto a Famiglia Cristiana mons. Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione lavoro della Cei, nei giorni, contribuendo a far tentennare la determinazione del Governo. «La modalità con cui è ipotizzato il licenziamento economico potrebbe rivelarsi infausta».

La seconda novità in tema di lavoro riguarda la lotta al precariato. Il contratto a tempo indeterminato dovrebbe tornare a dominare la scena. Oggi, i cosiddetti occupati atipici sono circa due milioni e 700 mila. L’oceano di lavoratori che vive nell’incertezza e nella costrizione ad accettare qualsiasi forma contrattuale potrebbe intravedere prospettive. L’ultima novità riguarderà la protezione del lavoratore che perde il posto (sono più di 800 mila le persone che beneficiano del sussidio di disoccupazione, a fronte delle 360 mila del 2006). Dal 2017 verrebbe introdotto un nuovo ammortizzatore sociale, l’Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego), che sostituirà il sussidio di disoccupazione. C’è grande attesa per i rimaneggiamenti della riforma: lo scossone potrebbe arrivare davvero.

Matteo Viberti

Foto Ansa

4 DOMANDE: Cervella, “Troppe tasse tagliano i salari”

Per capire come la dimensione occupazionale locale stia evolvendo parliamo con l’assessore alle politiche del lavoro Olindo Cervella. La sua conoscenza del mondo dell’occupazione non si esaurisce all’angolatura politica, ma si estende alla sua esperienza d’imprenditore.

Lei è anche titolare di un’impresa tessile, operativa in uno dei settori più martoriati. Come vanno le cose? «Avevo 44 dipendenti fino allo scorso anno. Quest’anno ne ho 46. Le cose, quindi, vanno bene a livello di conti generali. Un po’ meno sul fronte dell’organizzazione del lavoro…».

Che cosa intende? «Che in Italia abbiamo stipendi tra i più bassi d’Europa a fronte di un costo del lavoro astronomico. Pensi che nel mio settore, su mille euro ipoteticamente intascati da un dipendente, bisogna pagarne altri mille e duecento di tasse, il 120 per cento. Non è una situazione normale. E questo “delta” è addirittura più elevato in rami come l’edilizia o la meccanica».

Oltre alle tasse, ci sono altri punti deboli che concorrono a rendere traballante il mercato del lavoro? «Prima di tutto lo Statuto dei lavoratori. Bisognerebbe renderlo più flessibile, soprattutto in materia di disciplina e di “illeciti” compiuti sul lavoro. Il Governo sta procedendo su questo fronte. Poi, i contratti a termine: il tempo determinato dovrebbe costare di più all’imprenditore. Solo così è possibile incentivare le assunzioni stabili e scoraggiare la precarietà».

Come vede la situazione di Alba dal punto di vista produttivo e occupazionale? «Alba resta un’ “isola felice”, anche se non lo è più come una volta. Vedo, dalla mia prospettiva, che le domande di lavoro sono in forte incremento, a comunicare maggiori tassi di disoccupazione e una più intensa precarietà. Un altro problemadi matrice locale riguarda la qualità attesa dei posti di lavoro: sovente la disponibilità non corrisponde alle aspettative dei candidati, che preferiscono rinunciare a certe mansioni, perché non adeguate alle loro previsioni o esigenze».

Matteo Viberti

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