Ormai da alcuni anni in tv e sui giornali può succedere di imbattersi nel termine Nativi digitali, coniato da Mark Prensky per indicare le nuove generazioni (i nati dopo il 1990) nate e cresciute con i media digitali. Queste apprendono dall’esperienza quotidiana, derivata da videogiochi, cellulari e web, competenze e abilità che gli adulti non solo non possiedono, ma faticano a riconoscere come tali. I nativi sono esperti naturali di tecnologia, sono sempre collegati, sono in grado di svolgere più attività nello stesso tempo (multitasking). Chi (genitore, insegnante, educatore) non conosce i linguaggi, gli strumenti, gli spazi dei nuovi media resta relegato nel ruolo di migrante digitale che cerca di integrarsi in un Paese straniero di cui deve cercare di apprendere la lingua, i valori, le logiche in un difficile percorso che rischia di creare un solco generazionale incolmabile.
Esistono ancora spazi di incontro, che potrebbero riposizionare le persone, non tanto in base all’età, ma in base al loro approccio nei confronti dei nuovi media. Pier Cesare Rivoltella dell’Università Cattolica di Milano, intervenuto al convegno Nativi digitali, svoltosi ad Alba nel novembre 2010, sostiene che non è «vero che le nuove tecnologie allontanino le nuove generazioni da quelle vecchie […]. Il digitale rappresenta sovente un terreno di dialogo, di scontro costruttivo, di negoziazione» (da Gazzetta d’Alba del 9 novembre 2010). Sembra pertanto necessaria una nuova classificazione attraverso tre diversi profili: lo “stupido digitale”: chi utilizza le tecnologie in modo improprio, dannoso, trasgressivo, ma anche chi è contrario al loro utilizzo e le ritiene esclusivamente negative; lo “smanettone digitale”: chi possiede grandi competenze tecniche, ma spesso si limita a trascorrere in modo acritico molto tempo a contatto con il mondo digitale; il “saggio digitale”: chi, giovane o adulto, è capace di un uso critico e responsabile delle tecnologie digitali». Quindi, cari adulti, nasce una nuova sfida educativa che può solo avere come risultato la costruzione di Cittadini digitali di tutte le età, esperti e creativi, che non hanno paure preconcette, ma che abitano con responsabilità spazi reali e virtuali.
Valentino Merlo