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IN CRISI compro meglio

COLLOQUIO – Al via ad Alba le Lezioni di buon senso: da aprile a giugno quattro incontri nella sala Beppe Fenoglio con esperti di economia, comunicazione, società e ambiente. Nel primo incontro, organizzato dalla cooperativa Erica in collaborazione con Aica (Associazione internazionale per la comunicazione ambientale) e con il patrocinio del Comune, Dario Padovan, docente di sociologia presso l’Università di Torino, ha parlato di Cosa compriamo in periodo di crisi? Gazzetta lo ha intervistato.
 Padovan, lei ha detto che l’attuale crisi economica può essere un’occasione. In che senso?
«In questo momento c’è un netto peggioramento nella percezione della situazione economica. Ma tale sconforto è allo stesso tempo un segnale che stiamo uscendo dall’idea della crescita infinita. Ci stiamo rendendo conto che la “torta” che si usa per descrivere il nostro modello economico, diminuirà. Prova ne è che i consumi sono già cambiati».
 In che modo?
«Di fronte alla crisi si consuma meno, questo è ovvio. Il 73,6 per cento delle famiglie ha avvertito una perdita del proprio potere d’acquisto e quindi aumentano le spese ai discount, si scelgono marchi meno costosi, si cercano promozioni on line o ci si affida di più all’usato. Il problema che ci si pone resta come crescere. Ma dobbiamo riuscire a uscire da questo schema che ci ha plasmato a livello cognitivo, facendo in modo che si affermi un modello di consumo environmental-friendly: consumo di meno quindi impatto meno sull’ambiente. Parallelamente i dati confermano un aumento dell’influenza della filiera corta e del packaging a basso impatto ambientale».
 Perché sono rallentati i consumi?
«Solo il 3,1 per cento della popolazione non ha una tv. Il 43 per cento ne ha due e il 22 ne ha tre. Almeno l’81 per cento dei consumatori ha un cellulare. Chiunque ha almeno un pc. Ovviamente c’è un rallentamento: perché abbiamo già tutto. Sono dispositivi indispensabili per il nostro comfort, per la nostra vita, ma non possiamo sostituirli continuamente. Accelerare il processo di ricambio significa diminuire il ciclo di vita degli oggetti. La crisi avviene perché diminuisce il potere d’acquisto oppure perché c’è un eccesso di merce. Noi siamo nel secondo caso ed è questo ciò che ci differenzia dal ’29. Il rallentamento dei consumi è fisiologico».
 Lei ha parlato di “politeismo alimentare”. Che cosa intende?
«Il cambiamento dei consumi interessa anche le abitudini alimentari. Significa che si va sempre di più verso un mix che Coldiretti ha definito “negativo”: le persone combinano sempre più prodotti, neutralizzando qualsiasi ortodossia alimentare. È cambiato il rapporto con il cibo: l’acquisto di un prodotto alimentare risponde a un’emergenza dell’io che decide in virtù della globalizzazione e della mancanza di un modello di acquisto condiviso. Il risultato è che il 27 per cento degli acquirenti di prodotti equo-solidali si reca anche al fast-food o il 73 per cento di chi acquista frutta e verdura biologica compra pure alimenti surgelati».
 Manca quindi un’educazione al cibo?
«Siamo influenzati da disposizioni che fin da piccoli abbiamo appreso all’interno della famiglia. Sono comportamenti, atteggiamenti difficili da cambiare. “Vorrei mangiare più sano ma non riesco a cambiare le mie abitudini”: questa la risposta di 4 italiani su 10 (soprattutto fra 30-44enni e casalinghe). Qui sta la differenza tra atteggiamento e pratica. È difficile cambiare, perché quando consumiamo non siamo da soli ma dentro un processo collettivo. Perché si cambi ci vuole condivisione di certi modelli di consumo all’interno della famiglia e poi all’esterno».

 Maurizio Bongioanni

foto Corbis/Marcato

Dario Padovan, docente di sociologia presso l’Università di Torino, ha aperto le Lezioni di buon senso, organizzate ad Alba da Erica e Aica, con Cosa compriamo in periodo di crisi? Di fronte alla congiuntura si consuma meno. Il 73,6 per cento delle famiglie ha avvertito una perdita del proprio potere d’acquisto e ha aumentato le spese ai discount, ha scelto marchi meno costosi, cercato promozioni on line o si è affidata di più all’usato. In realtà, per Padovan, ha cambiato il proprio modello di vita.

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