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Ho avuto l’onore di averti conosciuto

A Saint Jaques per ricordare don Valentino e don Michele

I lettori di Gazzetta continuano a manifestare il loro attaccamento a don Valentino Vaccaneo. Pubblichiamo altre lettere giunte al giornale negli ultimi giorni.

Il ricordo di una nipote

Egregio Direttore, a volte occorre lasciare sedimentare le emozioni, belle o brutte che siano prima di esternarle. A volte con l’irruenza dei sentimenti si riesce a esprimere al meglio ciò che si prova.

Mi ritornano nella mente pensieri, gioie e dolori del passato se penso al mio rapporto con Don Valentino, il fratello più giovane di mia madre, anche lei mancata sette mesi fa. Di dodici fratelli, sei maschi e sei femmine, sono rimaste tre zie, le più forti, le più determinate e toste! Quanti ricordi di bambina attraversano la mia mente!

Mia madre mi raccontava che, quando chiedevano a nonna il perché di dodici figli, lei era solita rispondere: «Sono uno più bello dell’altro, non ci si può mica fermare!». Se, poi, penso all’omelia fatta da don Valentino al funerale di mia madre, in cui ci ha rivelato un momento della loro giovinezza veramente significativo, non posso trattenere le lacrime. Mia madre e zia Angiolina erano andate a trovarlo in seminario e lui aveva confidato loro che era triste per i brutti voti di greco. La loro risposta era stata: «Se non vuoi diventare sacerdote, torna a casa, ma se è solo qualche brutto voto che ti rattrista, non preoccuparti perché le difficoltà si superano se l’obiettivo è importante e desiderato».

Di dodici, una è morta appena nata per l’influenza spagnola nel 1917 e zio Natale è stato disperso nella guerra di Russia. Gli altri dieci sono stati per me degli esempi da seguire: intelligenti, sensibili, collaborativi e speciali. Don Valentino è stato, anche se lui non lo sapeva, il principale. Mi ha insegnato che si devono aiutare i più deboli senza preferenze. Chi ce la fa da solo, non ha bisogno del nostro aiuto. Dobbiamo cercare di far parte di coloro che si dedicano agli altri. Fortunatamente per me, per il momento e grazie al Signore, ho saputo avere la forza di occuparmi degli altri e spero di poterlo fare fino alla fine come ha fatto lui.

A volte anche io sono ritenuta un po’ “ingrombrante”, nonostante io sia più minuta di don Valentino. Parenti, colleghi e amici ritengono che tendo a sostituirmi a loro anche in situazioni in cui sarebbe meglio lasciar fare ad altri. Posso dire che non è fatto per prevaricare o perché non si ha fiducia negli altri, ma solamente per essere d’aiuto. Penso che anche zio fosse così!

Siamo quattordici nipoti e, anche se ci vediamo poco, è sempre una festa quando ci incontriamo. Ci comportiamo come se ci fossimo visti il giorno prima! Spero che una parte delle meravigliose capacità di zio siano state ereditate geneticamente da noi nipoti, non solo i suoi occhi verdi.

Il coraggio, la dedizione, la perseveranza, l’umiltà e il non lamentarsi mai sono rari in un uomo. Tutte le volte che lo incontravo e che sapevo che stava facendo la chemioterapia, alla mia domanda sulla sua salute, mi ha sempre detto che stava bene. Il sabato prima che mancasse all’ospedale l’ho visto stanco e con gli occhi smarriti. Accanto c’erano persone come Giancarlo Bruni che era partito appositamente il mattino presto da Firenze per venire a trovarlo, amici e nipoti. Anche se cercavamo di restituirgli un po’ del bene che ci aveva dato, eravamo inermi di fronte alla sua sofferenza.

Non ho potuto assistere al suo funerale, perché impegni di famiglia mi hanno portata altrove, ma non dimenticherò mai i suoi occhi che chiedevano di potersi chiudere. Al 31 di agosto avrebbe dovuto lasciare il suo impegno di parroco di Cristo Re e stranamente è mancato il 27 agosto per lasciare questa Terra ancora nelle vesti di parroco e non come un pensionato qualsiasi non più in grado di aiutare gli altri.

Ho voluto condividere le mie conoscenze con voi perché ritenevo giusto che a testimoniare la grandezza di zio ci fosse anche una nipote.

Ada Toso, Diano

 «Ho incontrato don Valentino a metà degli anni cinquanta»

Non ricordo la prima volta che ho incontrato don Valentino, ma penso fosse verso la metà degli anni cinquanta, nell’oratorio del Duomo: lui giovane chierico, bello, imponente nella sua talare, dal passo veloce, io poco più che un ragazzino. Ci faceva vedere il cinematografo, giocare e poi pregare.

Nel 1958 lui già sacerdote e giovane curato del Duomo, io quasi diciottenne abbiamo passato insieme una settimana al campeggio estivo a Gressoney con le tende. Io mi ritenevo un privilegiato perché dormivo nella tenda di don Valentino! Non pensavo che quella settimana in Valle d’Aosta avrebbe dopo anni influenzato il mio futuro, infatti mi innamorai del campeggio e della montagna.

Per quanto riguarda il campeggio divenne il mio lavoro vendere tende e accessori e tra i primi clienti proprio Don Valentino, per la montagna non sapevo invece che anni dopo la stessa passione mi avrebbe portare a reggere per 7 anni la sezione di Alba del Club alpino italiano.

Qualche anno dopo Saint Jacques, nella prima baita, poi nella seconda poi nell’attuale Tournalin, anche li tantissimi ricordi: nella prima baita don Valentino sempre in borghese, così grande e prestante quando si andava in passeggiata, io invece mingherlino, mi sembrava un gigante. In quegli anni conobbi la ragazza che divenne poi mia moglie. Passano gli anni e ritorno a Saint Jacques con mia moglie e mia figlia piccola che appena vede don Valentino , grande e grosso, mi scappa di mano e si mette a piangere! Non posso dimenticare lo sguardo di don Valentino quasi dispiaciuto per l’accaduto. Anni dopo avrebbe imparato a conoscerlo e a volergli bene. Poi i ricordi del Torunalin dove sotto la direzione attenta di don Valentino quanto lavoro abbiamo fatto con l’amico Guido.

Ad Alba in Duomo invece quante battaglie combattute al suo fianco contro gli scassinatori di cassette per le offerte, fino a che decidemmo di costruirne di belle grosse, pesanti in acciaio, così finalmente l’elemosina rimaneva in Duomo.

Poi nel 1994 l’alluvione. Quante persone abbia aiutato in quel momento veramente disastroso non lo so, ma di certo tantissimi me compreso, con il suo modo sempre pratico, schietto, fatto di gesti oltre che di preghiere.

Poi il suo trasferimento alla parrocchia di Cristo Re. Mi ricordo che al termine dell’ultima messa celebrata in Duomo, mentre stava andando in sacrestia mi vede e mi dice: «Continua il tuo servizio in Duomo, se hai bisogno sai dove trovarmi».

Inevitabilmente gli incontri erano diventati meno frequenti, ma ricordo con piacere la sua disponibilità nel celebrare ogni anno la messa in suffragio dei defunti del Cai, i festeggiamenti per i suoi 50 anni di sacerdozio e anche l’allagamento sotto la chiesa di Cristo Re , quando siamo andati, nonostante la stanchezza per aver già fatto altri interventi e la sera tarda, a tirar via acqua con la motopompa del Cai.

Mi rendo conto che i miei ricordi sono legati a fatti concreti, a lavori o attività pratiche, ma questo è stato per me don Valentino: riuscire a trasmettere l’amore per Gesù e per gli altri attraverso la concretezza dei lavori quotidiani, attraverso un campeggio o la risoluzione di un problema pratico.

Grazie Don Valentino per avermi voluto bene così.

A rivederci.

Franco Bordino, Alba

Il saluto del paese natale

Anche Castiglione Tinella, per voce del sindaco Bruno Penna, vuole ricordare don Valentino Vaccaneo. «Era nato al “Valet”, un pugno di cascine in una piccola conca sulla collina castiglionese di San Giorgio, ora immersa tra i vigneti», sottolinea il primo cittadino, il quale si sofferma anche sul suo cognome: «Portava uno dei più antichi cognomi del nostro paese, la sua famiglia contadina contava dieci figli e lui, come diversi altri ragazzi castiglionesi di quegli anni, scelse la strada del sacerdozio».

A Castiglione Tinella risiedono ancora Angiolina e Modesta, due delle sue cinque sorelle, mentre Margherita abita ad Alba. Conclude il sindaco Penna: «Nonostante i numerosi impegni, don Valentino frequentava Castiglione Tinella per le visite ad amici e familiari, anche perché era amministratore della Casa di riposo Sant’Andrea. Era ritenuto da tutti un grande personaggio dal forte carisma e ha sempre avuto la mia particolare ammirazione per il lavoro dedicato agli ultimi e verso le “vittime” di una disperata condizione sociale».

Fabio Gallina

«Continuiamo a contare su di te»

Don Valentino ci ha lasciati e il vuoto è grande. Abbiamo perso un grande amico, un grande sacerdote e un grande uomo, uno dei più significativi protagonisti della vita sociale albese degli ultimi cinquant’anni. Lo scorso 20 luglio gli avevo scritto. Da pochi giorni avevamo saputo che a settembre avrebbe terminato la sua missione di parroco. Volevo esprimergli la mia personale riconoscenza e quella della comunità albese. Mi piace rinnovare quelle parole e quei sentimenti, oggi che per don Valentino è veramente “iniziato un altro tempo” e ripetergli nuovamente: «continuiamo a contare su di te».

Alba, 20 luglio 2012.
Caro Don Valentino, ho appreso dai giornali che sei giunto al termine del tuo servizio di parroco svolto per intero, se non sbaglio, ad Alba, prima in Cattedrale e poi in Cristo Re. Come sindaco, con la certezza di interpretare i sentimenti di tanti cittadini e dei miei predecessori, ti ringrazio di cuore. In questi 54 anni di vita sacerdotale tante cose sono avvenute ad Alba, e come è cambiata la città!
Tu hai condiviso il cammino di tante persone che hai conosciuto in giovane età e ora sono nonni, a ricordare ai loro nipoti che quel prete con la barba, tanti anni fa, li ha aiutati a dare un senso alla vita. Molte le opere che hai realizzato, molti gli stimoli culturali seminati, ma soprattutto molto il cammino nella ricerca della fede che hai posto alla base di ogni tua scelta. Ora comincerai un altro tempo e sono certo che saprai ancora essere di aiuto a coloro che materialmente e moralmente cercano sostegno.
Come amministratori stiamo vivendo un momento difficile in cui è necessario mettere insieme ogni risorsa per procedere con fiducia e tener viva la speranza. C’è bisogno della tua esperienza e di veder testimoniata quella fede concreta che sempre ci ha aiutati.
Una persona come te che non ha mai avuto paura di “sporcarsi le mani” con gli ultimi è una risorsa importante per la nostra città: contiamo ancora su di te.
Grazie don Valentino!
Con stima e amicizia.

Maurizio Marello

Ho avuto l’onore di averti conosciuto

Ho appreso, con enorme dolore, che è mancato Don Valentino. Mi mancheranno le sue prediche stupende, il suo fare sempre tutto ciò che gli era possibile, per tutti coloro che a lui si rivolgevano, e non solo, i suoi articoli splendidi su Gazzetta, il suo modo di essere; non solo predicava la parola del Vangelo, ma la metteva in pratica veramente, senza ostentare mai, povero fra i poveri, che aiutava sempre, amava i giovani, attirandoli a lui per allontanarli da eventuali pericoli ed era in primo piano per recuperare quei giovani che la retta via avevano smarrito.

Secondo me, rappresentava veramente Gesù sulla terra. Mancherà a tantissime persone, ma la sottoscritta, e non solo, lo porterà sempre nel cuore!

Ora per lui si sono aperte le porte del cielo; riposa in pace, quella pace che hai sempre predicato e praticato.

Ciao don Valente: ho avuto l’onore di averti conosciuto.

Un’abbonata, amica di don Valentino

Ci hai accompagnato nei momenti più belli e più difficili

Carissimo Valente,
sono tanti i ricordi che ognuno di noi custodisce degli innumerevoli momenti vissuti insieme: ci hai insegnato a sognare cose grandi per noi e per gli altri, a esporci in prima persona per costruire un mondo migliore, a lottare e a ubbidire, soprattutto ci hai mostrato con la tua vita il volto invisibile di quel Dio alto e puro che si fa uomo.

Ci hai accompagnato nei momenti più belli e più difficili delle nostre vite, hai camminato con noi, hai celebrato i nostri battesimi e i nostri matrimoni, di qualcuno anche l’ultimo saluto. A volte ti abbbiamo seguito, altre non ne siamo stati capaci, ma tu c’eri sempre.
Molte generazioni di giovani si sono formate e sono cresciute nella fede grazie ai tuoi insegnamenti. Grazie a te tanti giovani “invisibili”, ai margini dei percorsi pastorali ordinari, hanno avuto l’opportunità di riflettere sulla bellezza della vita e sul grande messaggio di amore e speranza che è Cristo risorto.

Ripensare in questo momento di dolore a ciò che hai testimoniato con la tua vita sia per tutti noi un richiamo a proseguire il cammino che hai tracciato.

I giovani della Gioc

Quella di don Valentino era una vicinanza concreta

La scomparsa di un amico crea sempre un vuoto. Si interrompe il filo di una relazione che negli anni ha accumulato, ricordi, esperienze, percorsi comuni, anche di sentieri alpini. Quella di don Valentino era una vicinanza concreta, di poche parole ma di molta attenzione.

La baita albese a St. Jacquese in val d’Ayas ha costituito per cinquant’anni un punto di riferimento per molti che salivano durante l’estate, anche dai paesi vicini, per seguire le numerose iniziative di tipo culturale e religioso. La scelta di questo luogo e la fedeltà con cui è stata continuata credo sia stata motivata dall’amicizia per don Michele Do, che in quell’angolo remoto della Valle aveva scelto il suo romotorio.

I ragazzi dell’associazione Ore undici di Roma erano rimasti colpiti dalla sua presenza: lo chiamavano Mangiafuoco per la mole imponente, la folta barba, i modi spicci. Anch’essi ne apprezzavano il senso pratico, la capacità organizzativa, l’attenzione amorevole.

Infaticabile, era sempre in azione. Era ancora parroco del Duomo di Alba quando l’ho conosciuto in occasione degli incontri organizzati a St. Jacques e già numerose erano le opere create a favore dei più bisognosi. Non parlava con facilità delle molte iniziative a favore dei giovani in difficoltà e delle famiglie di emigrati. Nella parrocchia di Cristo Re ho avuto più volte l’occasione di constatare personalmente la serietà della sua azione pastorale nei confronti dei giovani e degli adulti, delle famiglie e degli emigrati. Colpiva il coinvolgimento dei laici nella sua attività parrocchiale e con quale attenzione don Valentino sapesse seguirne le indicazioni e accoglierne le proposte.

Era un predicatore immediato e molto concreto, come anche uno scrittore efficace e schietto. Chi lo seguiva attendeva di leggere ogni settimana i suoi interventi nel giornale locale e di ascoltare le sue omelie. A volte si mostrava sorpreso delle reazioni che le sue parole suscitavano.

Sono rimasto meravigliato della discrezione con cui ha affrontato la malattia e della dignità con cui ne ha percorso le tappe. La sua memoria resta motivo di gratitudine a Dio per il molto bene che ha diffuso e suscitato intorno a lui. Mi auguro che la sua testimonianza continui a fecondare le comunità di Alba.

don Carlo Molari

«Ci manca il tuo sguardo attento verso gli ultimi»

Caro don Valentino,
da pochi giorni ci hai lasciati e già si avverte la tua mancanza nella nostra città che hai così tanto amato e servito. Ci manca il tuo sguardo profetico e a volte provocatore delle tue ‘Riflessioni al vento’, che sa scrutare i segni dei tempi e anticipare le conseguenze degli avvenimenti, con le tue ammonizioni a correggere il tiro e convertirci.

Ci mancano i tuoi richiami a vivere concretamente l’essenza del Vangelo, a una spiritualità profonda del servizio con amore verso il fratello, ad attualizzare gli insegnamenti di Gesù nella vita quotidiana e nel nostro tempo.

Ci manca il tuo sguardo attento verso gli ultimi, i più bisognosi, uno sguardo che sapeva cogliere, mentre noi eravamo distratti a guardare altrove o non guardavamo bene.

Ci manca la tua capacità di realizzare opere concrete per rispondere ai bisogni dei nuovi emarginati del nostro tempo: negli anni ’70 e ’80 i tossicodipendenti, negli anni ’90 i primi immigrati, negli anni 2000 gli anziani non autosufficienti e i loro bisogni di cura.

Ci manca la tua visione di chiesa come una grande famiglia, accogliente e misericordiosa, non arroccata su sé stessa o a filosofie antiche, ma sempre aperta a nuovi modi di contaminazione del Vangelo nella cultura del nostro tempo.

Ci mancano i tuoi rimproveri e i tuoi calcioni, il tuo modo un po’ ruvido e burbero con cui cercavi di risvegliarci dal nostro torpore e dalla nostra insensibilità.

Ci manca la tua capacità di essere mattatore nelle serate tra amici, dove riuscivi a tenere banco per ore con barzellette, canti e recite e sapevi regalare sano divertimento a spettatori di tutte le età.

Grazie di tutto quanto ci hai donato con amore senza mai risparmiarti, Valentino, e riposa con i tuoi cari e i tanti amici che avrai raggiunto e riabbracciato.

Come ha ricordato don Luigi Ciotti durante il tuo funerale, solo se sapremo vivere tutto ciò che ci hai insegnato, tu sarai ancora vivo in mezzo a noi.

Luciano Rosso

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