Carlo Carrà in fondazione Ferrero

Carlo Carrà con Roberto Longhi nel 1935

Percorrere lo sviluppo e superare le contraddizioni delle manifestazioni artistiche dell’avanuardia italiana, senza restare imprigionato in un particolare linguaggio, riuscendo a offrire di ognuno una libera interpretazione svincolata dall’adesione a schemi precostituiti. L’arte di Carlo Carrà si sviluppa multiforme attraverso il Novecento italiano, passando da una chiara matrice divisionista a un linguaggio futurista, per poi approdare, a partire dal 1917 – anno in cui l’artista incontra a Ferrara Giorgio De Chirico – a una metafisica mutuata da una riflessione sulla tradizione pittorica italiana fatta di stretti legami con l’arte arcaica e romanica. Di qui il passaggio al «realismo magico», che contraddistinguerà l’ultima fase del suo percorso artistico.

La mostra che s’inaugura sabato alla fondazione Ferrero vuole ripercorrere la carriera di Carrà, offrendo al pubblico più di 70 opere testimoni di un artista che, come sosteneva Roberto Longhi, era solito «mutar le penne». L’antologica, curata da Maria Cristina Bandera, direttrice della fondazione di studi di storia dell’arte Roberto Longhi, si pone quale naturale continuazione di un filone aperto dalla fondazione Ferrero cinque anni fa con la mostra sulla collezione Longhi e continuato due anni or sono con la personale su Giorgio Morandi. Un progetto che intende tracciare un fil rouge tra la figura del grande storico d’arte di origine albese e gli artisti con cui si è rapportato e ha avuto legami di amicizia.

Con Carrà c’era più che semplice stima reciproca: i due instaurano un rapporto di familiriarità che li porta a collaborare sul piano professionale e a ritrovarsi durante i periodi di vacanza. Entrambi acquistano una casa in Versilia, ove si ritrovano per giocare a bocce e per avere, presumibilmente, proficui scambi d’opinione.

Carlo Carrà con Roberto Longhi nel 1935

L’antologica, allestita dalla fondazione Ferrero con il contributo della fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, ha ottenuto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, è stata curata da Maria Cristina Bandera con la collaborazione di un comitato scientifico d’eccellenza, composto da Sandrina Bandera, soprintendente ai beni storici, artistici e antropologici di Milano e direttrice della Pinacoteca di Brera, Gabriella Belli, direttrice della fondazione Musei civici di Venezia, Roberta Cremoncini, direttrice dell’Estorick collection of modern italian art a Londra, Danilo Eccher (Gam di Torino), Edith Gabrielli, soprintendente del Piemonte, Maria Vittoria Marini Clarelli, soprintendente della Galleria nazionale d’arte moderna a Roma, e Antonio Paolucci, direttore dei Musei vaticani. L’allestimento, che inquadra il «lungo corso di un vero pittore italiano », secondo la definizione di Longhi, vede impegnato Danilo Manassero. Durante l’esposizione sarà proiettato un film documentario, realizzato da Clarita Di Giovanni, dal titolo evocativo: Carlo Carrà. Solo me stesso. La mostra, con ingresso gratuito, sarà visitabile dal 27 ottobre sino al 27 gennaio, dal martedì al venerdì dalle 15 alle 19; sabato e domenica dalle 10 alle 19.

Stella Marinone

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