È morto Francesco Sobrero, già sindaco di Alba e preside del Cillario

È morto oggi Francesco Sobrero, sindaco di Alba dal 1970 al ’72. Nato a Rodello il 1° aprile 1925, laureato in lettere e insegnante, Sobrero iniziò la propria attività pubblica nel suo paese. Dal 1951 al ’56 ricoprì la carica di vicesindaco del paese. La professione di insegnante di materie letterarie lo portò a trasferirsi ad Alba. In città non lasciò l’impegno amministrativo: consigliere per la Democrazia cristiana, poi assessore della Giunta di Ettore Paganelli dal 1964 al 1970; divenne sindaco il 16 luglio di quell’anno.

Occupò l’ufficio in piazza del Duomo per meno di due anni, ma – scrive Giulio Parusso in Palazzo e città-Alba 1945-1975 – «diede prova di saper vedere lontano, di proporre e impostare soluzioni ai nuovi problemi della città», che andavano dalla distribuzione del gas, all’ospedale, alla viabilità, alle scuole. Propose e ottenne l’acquisto da parte del Comune del fabbricato dei frati Carmelitani in località Serre, edificio che per anni ospitò il Liceo scientifico.

Nel ’72 fu eletto in Parlamento, dove rimase per tre legislature, fino al 1983. Tra le leggi che sostenne vi è quella di finanziamento dell’acquedotto delle Langhe. Si batté anche perché – in uno degli innumerevoli progetti di riforma – l’Istituto enologico di Alba non fosse privato delle proprie caratteristiche.

Sobrero terminò il lavoro nella scuola come preside del Piera Cillario Ferrero.

 

“A TEMPO PERSO”, LA PASSIONE DI SOBRERO PER LA POESIA

Riproponiamo l’articolo-intervista che Gazzetta pubblicò, alla fine del 2009, per presentare la pubblicazione della “miscellanea” di liriche e saggi dell’ex deputato e sindaco di Alba.

«Molti mi chiedevano di pubblicare le mie poesie ». Francesco Sobrero ha accontentato chi voleva vedere stampate le sue composizioni in piemontese: è in uscita in questi giorni, per i tipi dell’Artigiana, A tempo perso. Il libro è una «miscellanea, nel senso più alto e nobile del termine», scrive Ettore Paganelli nella presentazione. Le poesie sono accompagnate da una raccolta di scritti in italiano. Le prime nascono dal desiderio di trattare temi nati da esperienze personali dell’«uomo di Langa», i secondi, quasi tutti, dalla sua dimensione pubblica di amministratore e politico, a Rodello e Alba prima, alla Camera dei deputati poi. «Per le poesie ho scelto il piemontese, il “mio dialetto” della Langa media perché certe cose in italiano sono intraducibili. Non si può usare il piemontese per gli argomenti tecnici, ma è con questa lingua che si racconta la vita di tutti i giorni». In altre parole: al cervello delle persone parlo in italiano, ma con il piemontese – imparato nell’infanzia, prima di arrivare ai banchi di scuola – arrivo al cuore. Grazie ai versi di Sobrero si torna al «Natale d’altri tempi» con i versi di Dui mandarin, la sorpresa più bella – in tempi in cui d’inverno ci si svegliava «cun ra giassa ‘nt ra gavia» – in mano a «‘n cit ausin». E si sorride alle marminele di un tempo o leggendo i versi dedicati al Palio degli asini. Oppure si è attraversati da malinconia con la triste parabola di U girulun, il mendicante giramondo, elemento estraneo eppure caratteristico in un ambiente con radici forti, nel quale il lavoro ha un ruolo essenziale. Tra le liriche che più toccano il cuore vi è la canzone dedicata a Na mama. Riporta alla campagna di Russia: una donna aspetta il ritorno del figlio per tutta la vita, ne ripercorre le battaglie attraverso il racconto dei sopravvissuti, non si rassegnamamuore senza conoscerne il destino. Le poesie di Francesco Sobrero hanno alle spalle un lungo lavoro di filologia e di ricerca metrica. Molte sono state composte in endecasillabi con rima baciata. L’autore ricorda le influenze sul piemontese del «francese, ma anche dell’italiano e persino dello spagnolo ». E nel prologo del libro difende con forza il ruolo che la lingua locale, il “dialetto”, può e deve avere accanto all’italiano, perché «ha le stesse radici della nostra civiltà»; possiede una «valenza culturale e storica di prim’ordine» e quindi gettare via il patrimonio che rappresenta «sembra comesfigurare il volto (posso dirlo?) più nobile dell’Italia». Chi ha poca familiarità con il piemontese viene aiutato dalla traduzione e da un’introduzione, la quale spiega l’ispirazione che ha condotto alla composizione dei versi. Ogni poesia è accompagnata da un disegno di Antonio Buccolo. L’«intervallo» diAtempo perso è composto con una raccolta di articoli, «pezzi di colore», scritti per la rivista di Carlo Donat Cattin Lettere piemontesi. I fatti ai quali fa riferimento sono parte dell’attualità politica di oltre 25 anni fa – con riferimento a personaggi come Giovanni Spadolini e Giuseppe Garibaldi –ma contengono riflessioni e considerazioni valide ancora oggi. In I dubbi di Moro e la terza fase, si legge: «In uno Stato autenticamente democratico la minoranza ha legittimazione e dignità pari a quelle della maggioranza; di questo occorre che siano convinti tutti, eletti ed elettori, perché altrimenti la naturale tendenza ad appoggiarsi al più forte finisce con il mettere in crisi le stesse istituzioni, avviandoun processo involutivo, dove prima l’alternanza e poi l’alternativa si dileguano oltre ogni orizzonte. L’opposizione, come il Governo, è sempre di “Sua Maestà” (…)». Concetti condivisibili anche se la prima Repubblica è finita da un pezzo. Così come è passata agli archivi la “scala mobile”, ma si possono sottoscrivere le ironiche considerazioni sulla scala sociale che Sobrero fa in Chi scende chi sale. L’ultima parte del libro è dedicata ad Alba, prima riproponendo parte della prefazione scritta nel 1977 per Alba com’era della Famija albèisa e poi con Alba com’è. Nel primo brano si ritrova la città nel tempo in cui superava la soglia dei trentamila abitanti, spinta dal successo delle proprie industrie, e nella quale era necessario «il lavoro paziente di chi cerca di razionalizzare senza distruggere» il passato, testimoniato dalla «vita» e dall’ «umanità di un tempo» nel quale inserire l’attuale. Nella seconda parte si ritrova la città che ha risolto molti dei problemi dovuti alla veloce espansione, dall’acqua al sovraffollamento delle scuole, ma ha di fronte le «esigenze sempre crescenti e sempre incombenti del futuro». La risposta toccherà «alle nuove generazioni». Infine, Rodello. Sobrero torna nel paese natale con una poesia e una lettera alla maestra, Margherita Rosso di Torino. L’autore idealmente la ringrazia per quanto fece per migliorare la vita dei suoi alunni attraverso la cultura, dando loro gli strumenti per comprendere il mondo. In tempi in cui molto di quanto si dà ora per
scontato era una conquista.

Paolo Rastelli

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