Il secondo libro dell’albese Trinchero

Reclusioni di corpi e di menti è in libreria,  tratta di varie forme di reclusione al femminile.

È arrivato in queste settimane nelle librerie il secondo libro dell’albese Marilde Trinchero, arteterapeuta, a quattro anni dal successo di “La solitudine delle madri”, uno dei primi testi italiani a dare spazio a luci e ombre della maternità. Abbiamo intervistato l’autrice per conoscere la sua nuova opera, “Reclusioni di corpi e di menti” (Edizioni Magi), in vista della presentazione del libro sabato 7 dicembre a Roma alla fiera nazionale dell’editoria “Più libri più liberi”.

Com’è nata l’idea di questo libro?

«Dalla riflessione su quanto i modelli femminili proposti dai media rischiano di chiuderci in gabbie stereotipate all’interno delle quali qualcun altro decide quale taglia dobbiamo indossare, quanti anni dimostrare, quale vita vivere. Poi ho ampliato il discorso ad altre gabbie/reclusioni: sia quelle reali, sia quelle interiori».

Quanto tempo c’è voluto per scriverlo?

«L’ho pensato a lungo, quasi tre anni, anche se buona parte del libro è stata scritta in 8/9 mesi».

Quali sono le reclusioni di cui tratta?

«I capitoli sono eterogenei e vanno dal tema della violenza, della tossicodipendenza, alla difficoltà di invecchiare in una società che considera “ragazzi” i cinquantenni. Ma ho scritto anche sulla reclusione scelta, perché un luogo chiuso, se non è una costrizione, può essere una risorsa e una bellissima opportunità».

Molte delle protagoniste del libro sono donne. Provocazione: la reclusione è soltanto al femminile?

«Naturalmente il tema della reclusione tocca anche il mondo maschile, ma il passato ci ha insegnato che le porte di un convento o di un manicomio si sono aperte e poi richiuse, in misura maggiore per le donne. Anche per quanto riguarda il corpo sono le donne a subire le pressioni maggiori di aderenza ad assurdi canoni estetici, con le relative sofferenze che questo comporta».

Quale fra gli incontri che hai avuto per la stesura del libro ti ha maggiormente colpita?

«Non saprei scegliere: ogni incontro è stato emotivamente intenso. Questo libro nasce dalla generosità delle persone che mi hanno messa in contatto con le donne, le quali – con altrettanta generosità – mi hanno raccontato episodi personali della propria esistenza. Alle loro testimonianze ho aggiunto mie riflessioni ma, senza le parole di tutte loro, Reclusioni di corpi e di menti non sarebbe mai nato».

Un capitolo del libro tratta il tema della violenza, oggi di grande attualità: che idea ti sei fatta della situazione nel nostro Paese?

«Recente è la notizia che dall’inizio dell’anno sono state uccise 117 donne. E questi sono i dati che conosciamo. In Italia, come negli altri paesi, il sommerso è potente. La testimonianza di Giuliana, nel capitolo sulla violenza, è quella di una donna che ha vissuto un periodo della sua vita sigillata in casa dal marito. Un marito “normale”. Dall’esterno nessuno sospettava nulla. I dati che emergono riferiti alla violenza di ogni genere: fisica e psicologica, sono parziali, poiché la vergogna di vivere una determinata situazione spesso inibisce le denunce».

Un altro capitolo riprende il tema della maternità, argomento del libro precedente: qualcosa è cambiato rispetto al periodo in cui hai scritto La solitudine delle madri?

«Ne ho scritto ancora proprio perché mi pare che ben poco sia cambiato. Forse si possono nominare di più le parti oscure della maternità e i numerosi libri in merito, usciti in questi ultimi anni, lo testimoniano, ma la situazione economica è peggiorata ulteriormente e le donne, le madri, sono le prime a pagarne lo scotto. Dunque la maternità rimane per una donna uno snodo non semplice da attraversare».

Anche stavolta hai scelto di accompagnare all’uscita del libro la creazione di un blog (reclusioni.blogspot.it ): perché?

«Perché la rete è un mezzo potente, e l’esperienza del blog precedente era stata più che positiva. Si può dialogare con persone distanti centinaia di chilometri, e scambiare velocemente informazioni. Inoltre è un buon mezzo per far conoscere il libro».

Quali sono i tuoi prossimi progetti,  letterari e non?

«Io sono un’arteterapeuta, la scrittura è per me non un lavoro, ma una passione, e la creatività ha dei cicli che è bene rispettare. Accompagnerò quindi il libro nei suoi primi passi e poi credo proprio che mi prenderò una pausa dalle parole scritte».

a.r.

Se ne parla anche su Gazzetta d’Alba di martedì 27 novembre 2012.

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