Tra gli elfi per sperare

GOVONE Due settimane di apertura, quattro famiglie ospitate, ottanta volontari a volta a lavorare nella struttura.

«Un vero paradiso. Una grande famiglia pronta a donare calore, che ci ha fatto venir voglia di tornare alla vita». Questi i risultati del progetto pilota della Collina degli elfi che si è svolto nel mese di ottobre: da un lato i numeri, dall’altro i commenti delle famiglie.

«Una prova riuscitissima» esclama la presidente dell’ente Luisella Canale. Le famiglie sono state selezionate grazie alla collaborazione con l’ospedale Regina Margherita di Torino, per ora sono state accolte persone del Piemonte, ma in lista di attesa ci sono anche bambini da fuori. «Riapriremo in primavera, sono state settimane importanti dal punto di vista emotivo, ma anche per capire come muoverci in ambito economico: ci permetteranno di realizzare un’analisi dei costi precisa per poter pianificare le attività future », continua Canale. La direzione ha deciso di chiudere nei mesi invernali perché i fondi non sono molti: si risparmiano così le spese di riscaldamento e per l’elettricità.

«Dopo tre anni e mezzo di lavoro abbiamo visto diventare realtà un progetto in cui avevamo creduto e verso il quale avevamo incanalato tante energie. Tutte le fatiche sono state ripagate; non appena la prima famiglia è entrata nell’ex convento, l’impegno profuso ha acquisito un senso», hanno commentato i volontari. «Ogni settimana ottanta volontari hanno popolato la casa dalle 7 del mattino alle 10 di sera, hanno saputo dare la giusta accoglienza, senza essere invadenti », ha spiegato Canale, continuando: «I corsi di preparazione si sono rivelati molto importanti, per gestire le diverse situazioni che si sono presentate».

Per le famiglie sono stati pensati diversi intrattenimenti: alcuni per adulti, altri per i bambini e altri ancora per tutto il nucleo familiare. L’attività che ha riscosso più successo è stata quella relativa ai giochi e alle passeggiate con i cavalli che popolano la Collina, regalati alla struttura mesi fa. Le mamme hanno avuto del tempo per loro per riscoprire il loro essere donne. «Per loro è stato importante addirittura poter andare dalla parrucchiera, volontaria anch’essa, avere un po’ di tempo per sé dopo mesi in ospedale, sapendo che i loro figli erano in buone mani», commenta Canale. Ma l’obiettivo più importante raggiunto è che le famiglie hanno creato un bel rapporto tra di loro. Potevano scegliere se pranzare insieme o no e l’hanno sempre fatto. Finalmente si sono sentite capite da persone che hanno vissuto la loro stessa esperienza, si sono trovate a essere meno sole.

«Le famiglie che hanno convissuto continuano ora a sentirsi e a passare del tempo insieme. È la più grande soddisfazione», conclude Canale.

Roberta Bertero

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