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Un peso scaricato tutto sulle famiglie

L’INTERVISTA Parliamo con Patrizia Taccani. Psicologa e saggista, ha da poco pubblicato il volume Le ferite invisibili: il maltrattamento psicologico nella relazione tra caregiver e anziano (Franco Angeli, 2011). Taccani è relatrice al convegno albese di oggi, 20 novembre, ore 15, presso la Biblioteca civica.

Le famiglie con una persona non autosufficiente affogano nell’abbandono. Che cosa ne pensa, Taccani?

«Il lavoro di cura è un compito complesso, che si articola lungo molteplici dimensioni: relazionale, emotiva, etica, medica. Sia i pazienti non autosufficienti che i loro familiari non avrebbero bisogno di esclusivo sostegno pratico, ma anche psicologico. Eppure, le strutture e i servizi vengono a mancare. Gli operatori del settore socioassistenziale e terapeutico sono sempre in trincea, soverchiati dalla richiesta e dall’esiguità di personale».

Quale la conseguenza di questa situazione?

«Come è emerso dalla ricerca che abbiamo condotto nell’hinterland milanese e pubblicato nel volume Le ferite invisibili, sempre più sovente si verificano situazioni di maltrattamento psicologico dell’anziano in famiglia. Non si tratta per forza di abuso fisico, ma di una forma relazionale caratterizzata da ampie dosi di stress, aggressività verbale, minacce: “Se continui così ti porto in istituto”. Abbiamo intervistato famiglie, raccolto storie. Emerge una costante: il venire meno della capacità, da parte della famiglia, di tutelare l’anziano. Ciò suscita forti sentimenti di colpa in entrambi i soggetti implicati nella relazione».

Quindi, gli anziani sono sempre le vittime?

«Non dobbiamo dimenticare che anche gli anziani forniscono il loro contributo allo strutturarsi della conflittualità. Quelli con demenza lo fanno inconsapevolmente: agiscono con aggressività, dicono parolacce, esercitano violenza fisica. Altri lo fanno in maniera lucida e consapevole. Insomma: le vittime di questo dramma sono sia i pazienti che i membri della loro rete di sostegno».

Ci può fare un esempio?

«Ricordo la storia di una figlia che, fin da giovane, non è mai stata “vista” dalla madre, che l’ha trascurata e accantonata. La donna ha descritto la genitrice come centrata su di sé, egoista, sia prima sia dopo la malattia che l’ha resa non autosufficiente. “Fai cento cose per aiutarla, ma lei vuole la centounesima”, ci ha raccontato questa figlia esasperata. Succede».

Come si evolverà la “questione anziani”?

«Avremo una nuova categoria di anziani: gli attuali 4050enni che, avendo curato i genitori, sanno cosa significhi incaricarsi della gestione della non autosufficienza. Nelle nostre interviste, molte di queste persone assicuravano: “Non tramanderemo ai nostri figli un simile fardello”».

Matteo Viberti

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